'Red Devil Dawn', edito nel 2003 dalla etichetta Merge/Wide, è sicuramente il lavoro della maturità per Eric Bachman, già protagonista negli anni Novanta della scena indie della North Carolina con gli Archers of Loaf: infatti il leader trova la sua perfetta dimensione cantautoriale attraverso dieci episodi interpretati magistralmente grazie a una voce che ben si addice alla profondità e alla sensibilità che si respirano per tutta la durata del disco.
Una strumentazione varia a base di chitarre acustiche, di una sezione archi (violoncello e violino) davvero valida e la presenza della tromba di Roger V. Ruzow in due brani quali "You Threw A Spark" e "Sweet Marie" condisce il tutto offrendo il giusto mix tra momenti malinconici e momenti in cui la tensione viene stemperata senza mai cadere nella banalità.
I brani più interessanti del lotto dal punto di vista emotivo e di impatto sono senza ombra di dubbio la fantastica e inebriante "Big Darkness" e la riflessiva "Don't Say A Word" che insieme alla ascendente "You Can Never Leave" vanno a formare una sorta di trittico di folk-rock da camera. Altri brani meritevoli di menzione sono "Bad Man Coming", evocativa e volutamente forte di un rumore sinistro in sottofondo, la dolcissima e in un certo senso waitsiana "Boy With (100) Hands", un pezzo movimentato come "Angelina", la ammaliante "Disappear" e soprattutto "Carrion Doves" che mostra echi del Leonard Cohen più ispirato.
Questo album dimostra pienamente come la tradizione del cantautorato americano non debba mai essere posta in secondo piano in virtù di ciò che rappresenta e ha sempre rappresentato, ovvero un caleidoscopio di suoni che trasmettono ancora tanta emozione e vitalità a chi si lascia trascinare da queste note, tralasciando le tristi conclusioni che molte persone sono solite fare su questo genere da ormai una trentina d'anni.
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