Un'asfissiante stanza chiusa. Nessuno spiraglio. Un attacco di claustrofobia. Nausea.
Questo il sound dei Crowbar, compatto, opprimente, sludge metal dalle forti tendenze doom e influenze southern e stoner.
Per gli stomaci più sensibili occorrebbe un intero barattolo di digestive per mandar giù questo boccone indigesto chiamato "Equilibrium", ed anche per amanti di un certo metal la lentezza ossessiva dei pezzi potrebbe far risultare l'album un "mattone", ma chi cerca una buona dose di negatività e disperazione unita ad un muro impenetrabile di riff chitarristici (pregevoli) innestati su rocciosi mid-tempos troverà in questo lavoro della band di Kirk Windstein pan per i suoi denti.
Inoltre, per quanto non sia "estremo", perchè oggi la parola "estremo" è facilmente associabile a black metal ed a brutal, il sound dei Crowbar è tra i più pesanti in giro: una voce così doppia e cavernosa vale il growl di tutti i cantanti brutal, chitarre così massicce, riff scolpiti nella roccia e una lentezza allucinata e nauseabonda presente nelle canzoni risultano più estremi (e di difficile ascolto) dell'estrema velocità sfoggiata dai gruppi oggi definiti "estremi" ai quali bastano caproni, pentacoli ed inni al maligno per far facile prese sul pubblico.
Musicalmente il disco non presenta grandi novità rispetto ai predecessori, ma i Crowbar sono un gruppo al di sopra dell'innovazione, suonano col cuore il genere musicale del quale sono i portabandiera, e, rimanessero altri dieci anni sulle scene, continuerebbero a produrre riff ossessivi e grida disperate. E non è un male: non siamo di fronte ad ostentatori di genio e sregolatezza, ma a musicisti dalle vedute apparentemente quadrate con un approccio preciso alla musica, tanto da non concedere virtuosismi e fronzoli ai loro lavori per quanto ne siano perfettamente capaci (Windstein nei Down sfoggia assoli splendidi).
La registrazione non è delle migliori, purtroppo: i piatti della batteria talvolta creano un sibilio di sottofondo fastidioso, ed in certi punti le chitarre non sono molto nitide. Tuttavia questo non è un motivo per non ascoltare l'album.
"Equilibrium" si apre con il riff di "I Feel The Burning Sun": l'opener è un classico calcio in culo, solito mid-tempo iniziale, cantato ruvido ma senza esagerazione, ritornello con forte influssi doom, finale tra i più lenti della storia della musica; "Equilibrium" è invece più velocizzata durante il main-riff, ma rallenta nelle strofe. Bella la linea vocale di Windstein. A metà pezzo subentra un nuovo riffone che richiede un massiccio mid-tempo e che si ripete sino al termine della canzone, diventando sempre più un'ossessione. Il riff di "Glass full of Liquid Pain" ricorda tantissimo lo stile di Dimebag Darrell, e non può che essere uno dei migliori riff dell'album; in "Command of My Self" tre minuti di pura agonia accompagnano l'ascoltatore, "Down into The Rotting Earth" è una potenza: riff massiccio, tempo veloce di batteria e urlo lacerante di Windstein a far tremare i coni delle casse: una delle migliori performance vocali del singer ed una delle più potenti canzoni del disco, con il solito intermezzo lentissimo e opprimente che porta ad un finale nel quale finalmente si intravede la luce, con una melodia quasi strappalacrime.
"To touch The Hand Of God" è un pezzo a parte: si apre con un pianoforte che da un senso di tranquillità e quiete, per poi rassomigliarsi ad una specie di preghiera cantata, con una linea vocale davvero splendida, sostenuta da accordi al pianoforte. A seguire un pezzo scalciante ed incalzante: "Uncovering", con batteria ai confini con l'hardcore, urla disperate e confuse di Kirk, grande lavoro del drummer nella parte centrale del pezzo. "Buried Once Again" invece ha più melodico, i riff sono più morbidi e la batteria meno incalzante; "Things You Can't Understand" e "Euphoria Minus One" ribadiscono chi sia il miglior gruppo sludge sulla faccia della Terra, la conclusiva "Dream Weaver" somiglia un po' a "Buried Once Again" ma contiene più legami con il doom; ottimo il cantato di Windstein.
Incapaci di deludere.
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