L'acciaio è tornato!! Così ci dice il titolo dell'ultima fatica dei bolognesi Crying Steel, vecchia gloria del metallo tricolore. L'album, in pratica il secondo della loro discografia, è uscito quest'estate, a 20 anni esatti di distanza dal celebre "On The Prowl", nel lontano 1987.
Innanzitutto, prima di parlare dei brani, vorrei spendere due parole sulla copertina: in un'intervista, quando il giornalista ha fatto loro notare che la cover non era propriamente delle più emozionanti (ed è vero!), i nostri gli hanno risposto che in realtà era andata perduta (o distrutta? ci credereste?) insieme ai progetti pochi giorni prima della pubblicazione annunciata dell'album, e non hanno avuto il tempo di rifarla, perciò hanno preso una loro foto da promo e loro malgrado si sono trovati costretti a metere quella!! Ma, come del resto si sa, l'immagine non è nulla, il contenuto è tutto (oggi sono in vena di luoghi comuni), perciò vengo immediatamente a parlare delle canzoni.
Il gruppo, come traspare dai pezzi, ha ricoperto (o almeno ci ha provato!) le proprie tendenze ottantiane e Judas-priestiane con una patina power-metal che dà al risultato molta più aggressività, ma che non nasconde le suddette influenze. Qualcuno potrà anche parlare di una sudditanza psicologica nei confronti dei loro modelli (i Judas, appunto), ma secondo me un passo avanti, un cambiamento, c'è stato (del resto hanno avuto i loro vent'anni di tempo per pensarci). La prima track che incontriamo è "Kill Them All", un pugno in faccia dall'inizio, per far capire all'ascoltatore, sia egli un novizio o un reduce dei gloriosi '80s, quali sono le loro intenzioni: riff veloci e serrati ed una sezione ritmica precisa, forte e compatta, molto potente, vero punto di forza di tutto il disco, composta da Luca Ferri alla batteria, Angelo Franchini al basso e Franco Nipoti alla chitarra ritmica. Nota degna di rilievo è la voce di Luca Bonzagni, per il quale pare non siano passati 20 anni ma forse nemmeno 2: la sua voce è infatti pulita, acuta e giovanile come ai tempi di "On The Prowl", incredibile!! Segue "Over My Sins", brano meno veloce ma più minaccioso, un po' stile Accept nel suo incedere, con un bell'assolo di Alberto Simonini. La successiva "Raptor" è forse il pezzo migliore dell'album, insieme al precedente; pare inoltre, stando alle parole dei Crying Steel stessi, che il pezzo fosse stato composto nei primi anni di attività. La canzone è ben fatta, con un refrain trascinante, anthemico, ed un altro assolo degno del nome di Simonini. Segue "Hold Her", altro pezzo composto nel passato, vagamente hard-rockeggiante, la track che forse più tradisce le loro origini musicali. "Next Time Don't Lie" è un bel pezzo a tutti gli effetti, veloce, aggressivo, ma a mio parere dà uno strano senso di già sentito (e non in altri dischi ma proprio nelle tracks precedenti), comunque questo nulla toglie alla immensa carica del brano. Segue "Let It Down", altro omaggio al passato, song che suona molto canzone da strada degli 80s, anche nell'assolo, di impostazione chiaramente NWOBHM, influenze e stilemi riscontrabili anche nella successiva "Three Times", nonostante la potenza profusa dalla sezione ritmica, soprattutto in fase finale, che vorrebbe portare il brano verso lidi power... ma non lo fa! Anche "Night Owl" deborda un po' nel già sentito (assomiglia nella parte iniziale a "Raptor") e ci riporta alle tipiche melodie del passato, ma, diciamocelo, per questa volta non ci dispiace (almeno, a me!). "Hands High" è molto coinvolgente, soprattutto nel refrain e presenta un assolo in pieno stile Judas Priest, con le chitarre che dialogano ed infine si uniscono in armonia (per delucidazioni ascoltare l'assolo di "Freewheel Burning" della band di Birmingham). L'ultimo pezzo, "Agony", introdotto da un breve attacco di batteria, ricorda vagamente certe intuizioni dei Vanadium di "Nel Cuore Del Caos", o dei Vanexa del periodo prog di "Against The Sun": è un brano meno spinto, che si conclude però con un assolo velocissimo. In definitiva l'album si lascia ascoltare piacevolmente e la produzione è buona, anche se forse il suono è un po' troppo pulito per i miei gusti.
Questo disco è il ritorno sulle scene di questa storica band bolognese, presente ed attiva fin dagli esordi del Metallo di casa nostra. I Crying Steel oggi suonano come si suona oggi, ma i loro brani trasudano dell'esperienza degli anni '80, a volte persino un po' troppo. Qualcuno li ha accusati di essere attaccati come adolescenti ai loro idoli giovanili, in particolare i Judas Priest e di non voler crescere; io non voglio mettermi a giudicare, ma penso che anche se ciò fosse vero, non ci sarebbe nulla di male (sarà che sono giovane anch'io). In fin dei conti i Crying Steel non vogliono imporre a nessuno il loro modo di pensare e concepire la musica predicandolo come il "vero" Metallo: sono rimasti per 20 anni lontani dalle scene e se ora l'Acciaio Urlante è tornato, è solo per passione, e se la loro passione è la stessa di 20 anni fa, benvengano!! Se la musica serve ad esprimere sè stessi e loro vogliono esprimere questo, io sto dalla loro parte!!
Bene, ed ora che ho terminato, mi scuso per il comizio: spero di non aver annoiato o indignato nessuno. Alla prossima!
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