Il 2004 verrà ricordato, quando critica e fruitori di critica musicale se ne accorgeranno, come l'anno in cui il Post Hardcore - definizione candidamente non esaustiva - raggiunse su più fronti livelli artistici eccellenti, grazie alla coincidente uscita sul mercato discografico di alcuni dei dischi più attesi della scena in questione, sintesi non definitiva di percorsi differenti e intrapresi partendo da posizioni artistiche nonché geografiche estremamente diverse.

Dalla Svezia provengono infatti i Cult Of Luna, ormai giunti al terzo episodio della loro saga, autori di "Salvation", uno dei lavori relativamente più discussi e certamente meritevole di attenzioni, soprattutto da parte di chi negli ultimi mesi ha apprezzato i nuovi album di Isis, Mastodon, Neurosis.
"Salvation" è un album che non rinuncia allo stile heavy della band, andando però più a fondo, nella ricerca di un sound a tratti psichedelico, privo dell'uso dei samples e dei muri di suono del precedente "The Beyond", ma capace di creare atmosfere introspettive direttamente riconducibili alle costruzioni devianti della band di Steve Von Till, senza dimenticare la lezione dei seminali Swans.
Nel gioco di alternanze fra pieni e vuoti, ambienti dilatati seguono devastanti scariche telluriche guidate dalle invettive di Klas Rydberg, come in Leave Me Here, brano portante di un album compatto ed inquietante a cui il 4/5 da me assegnatogli va stretto e anzi grida vendetta. Percussioni tribali, frammenti elettroacustici, distorsioni potentissime ed improvvise consecutive a frequenze basse e stranianti sono il condimento delle otto canzoni di questo album.
L'effetto di stordimento, dovuto probabilmente al contrasto fra la strumentazione tipicamente metal e le scene quasi al rallenty di un pezzo come Crossing Over, oltre a ricondurci ai nomi menzionati in precedenza, stimolano la riflessione su un genere ormai definibile come "Ambient Metal".

Non è essenziale il raffronto con i precedenti capitoli del gruppo: i Cult of Luna reggono il passo degli altri grandi artisti che, ancora una volta nel 2004, hanno date alle stampe opere imprescindibili e illuminanti per il futuro di un genere che forse ha ancora molto da esplorare attorno a sé, e che, sebbene in relativamente pochi se ne siano accorti, è vivo oggi, ed è oggi che va vissuto.

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