NOTA BENE: Recensione scritta sotto effetto di “The Beyond” dei Cult Of Luna, appunto. Maneggiare con cautela, tenere lontano dalla portata dei bambini e degli idioti. Sono bastati pochi minuti, non di più.
Sbattevo la testa contro il muro, in preda alle convulsioni. La mente distrutta chiedeva perdono delle sue meschinità, mentre viaggiava come un treno a folle corsa verso il buio di una fredda notte innevata, e gli angeli giocano a pallacanestro su nel cielo mentre un essere umano piccolo come un fagiolo perso nell’assoluta nera vacuità del cosmo tenta di placare inutilmente il suo male di vivere in questo oscuro mondo. Inutile.
Accecato dallo stupido muro impenetrabile del mio io che si ritorce nelle distorsioni, nei feedback di chitarra, negli arpeggi ipnotici e slegati dalla concettualità comune, perso nel suo egocentrismo mentre cerca il posto per un’emozione strappandolo a quello delle crude note, un anteporre il fine al mezzo. Distruggono tutto e ne vanno fieri. Un lungo, lunghissimo, inesorabile viaggio nel nulla, nell’oscurità, nelle viscere della mente annebbiata dalla benzedrina, dal dolore, dalla vita. Ogni risalita verso la luce è una dolce, dolcissima illusione. Ma noi lo sappiamo già. Come è dolce assaporare un’illusione quando si sa che non c’è via d’uscita. Ogni singolo istante ha il suo sapore, e puoi gustarlo a fondo. La speranza è un lusso.
Noi siamo figli del cielo e siamo destinati a cadere. L’unica culla della nostra essenza sono le passioni che accecano e rendono pazzi sotto lo schiacciante peso del girovagare in questa terra di lacrime e dannazione. E se dovessi cercare una colonna sonora per questo mio girovagare senza pace, senza meta, senza speranza, con indosso l’inaccettabile peso della mia appassionatissima dannazione eterna, questa me la farà “The Beyond”.
Io, la vita, la speranza, il dolore, il nulla. La recensione è finita. Andate in pace.
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