E' molto difficile recensire questo album.
Fate conto che il progetto di Sean Ragon non è affatto qualcosa di ordinario e, nonostante la chiara matrice sonora, si muove oltre il comune folk apocalittico fatto di rune e di lamenti concernenti un mondo in piena decadenza morale.
I Cult of Youth sposano, non dico alla perfezione ma quasi, l'immaginario inglese di gruppi come i Death In June e i Current 93 meno sperimentali con la tradizione americana di Velvet Underground, Gun Club e Violent Femmes. Non manca nemmeno la rabbia degli Stooges (ma in versione acustica).
La loro musica è già stata descritta da altri utenti ma due cose vanno sottolineate: ritmi marziali da una parte e fuliggine yankee dall'altra.
Questo è il loro primo album ufficiale e, a parere del recensore, riesce a superare in fatto di intensità e complessità anche il loro secondo parto.
Un disco complesso dicevo, un disco difficile da descrivere e da interpretare. Ragon è la via di mezzo tra un punk e un crooner alla Nick Cave. Storie maledette e aria di redenzione dalle rovine.
Le canzoni gravitano attorno ad un folk apocalittico che, come già accennato, tanto deve ai Death In June ma anche agli Swans di “White Light from the Mouth of Infinity”.
Nel marasma sonoro ed emozionale che compone “A Stick to Bind, a Seed to Grow”, troverete perfino delle tracce semi-industrial come “To the Floor!” o “A Question of Will”.
Se avete pazienza e una certa predisposizione per il “folk” straziato, ne sono certo, lo apprezzerete.
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