Non deve stupire che i Cult Of Luna per la loro sesta fatica abbiano sposato l’idea del concept-album basato su un famoso film in bianco e nero degli anni ’30 di Fritz Lang.
A volte magari se ne fa un uso demagogico, ma in questo caso “Vertikal” diventa lui stesso film in b/n ambientato in una metropoli futuristica opprimente caratterizzata da fumi industriali, grigiore, sirene stridule e automatismi meccanici.
Più che un semplice disco, sembra un’esperienza totalizzante e alienante in cui ogni tassello è solo parte di un imponente mosaico metallico di cui non si vede la fine.
L’ingresso in questo universo è “The One”, la Terra sembra lontana, si avverte quasi una sensazione di leggerezza sotto i piedi: lo shuttle è partito e si trova già nello spazio aperto, il buio ci avvolge.
Con “I - The Weapon” gli svedesi fanno fin da subito sul serio sparandosi la cartuccia maggiore tra rocciosi growl e magmatiche colate di lava che vengono sparate come cannoni dalle chitarre, salvo poi concedersi un finale sofferto ed evocativo in cui viene fuori quell’attenzione alla melodia, una delle chiavi di volta dell’opera.
L’ambizione sale di livello nella successiva “Vicarious Redemption” che nei suoi quasi diciannove minuti frulla ambient, echi lontani di post-rock, doom e metal aprendosi pian piano dopo una lunga introduzione strumentale. “In Awe Of” non ha bisogno di parole, parlano da sole le immagini create in sequenza durante il suo ascolto dal nostro cervello.
Mentre a sorpresa nella prima parte di “Mute Departure” fanno persino ingresso per la prima volta in maniera inaspettata le clean vocals, che poi accompagneranno la chiusura decadente di “Passing Through”.
Quello che viene fuori è un disco intricato, pesante, ma in cui non c’è solo durezza, che a tratti viene stemperata dall’apporto deciso delle tastiere e dell’elettronica che non sono messe lì a caso, quanto invece un necessario apporto per completare il disegno globale di questa esperienza sensoriale che i Cult Of Luna ci regalano.
4.5/5
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