Nel 1990, dopo una precedente isolata collaborazione, l'esperienza artistica di David Tibet e del suo entourage (Current 93) si arricchì di un vero e proprio album scritto e realizzato con il musicista islandese HOH (Hilmar Orn Hilmarsson). Un alchimista elettronico di grande talento visionario che, coltivando comuni interessi esoterici e letterari, si avvalse dei numerosi elementi orbitanti intorno a Tibet per sfornare un vero capolavoro.
Island è un'opera intensa, magica, densa di quel fascino che solo certi arcani richiami culturali possono offrire. Costruita con l'ausilio di molta elettronica, ma impreziosita da sonorità acustiche e da voci maschili e femminili, propone otto brani che in un certo senso sviluppano una parte del percorso già intrapreso dai Current 93 e da vari ensemble alternativi e occasionali da esso germinati.
Dopo la trascinante apertura ritmica, quasi tribale, di Falling che si avvale del contributo vocale di Bjork - all'epoca assai prossima a diventare un'icona internazionale, ma ancora sconosciuta al grande pubblico - la tracklist ci regala la splendida The Dream Of A Shadow Of Smoke, forse l'esempio più evidente del talento di HOH. Una vividezza descrittiva, un'atmosfera fuori dallo spazio e dal tempo che lascia incantati, stemperando su ritmi quasi etnici e voci recitative le ispirazioni di un testo poetico (e profetico) del 1600 e il cui titolo rimanda a un racconto di Le Fanu. Un brano lungo e articolato che culmina con una parte corale di grande effetto per poi riprendere le melodie iniziali.
E poi altre perle di grande fascinazione in cui la voce stridula e inconfondibile di Tibet si amalgama con i mosaici elettronici crespuscolari e notturni che disegnano scenari spettrali. Passing Horse, la struggente Anyway People Die e To Blackened Earth su tutte.
Nell'album compare anche una versione di Fields Of Rape, celebre canzone già eseguita dai Death in June nell'album Nada! del 1985; qui rivisitata in chiave più morbida ed emotiva. Una sorta di segno di continuità con la vasta produzione scaturita dall'entourage di Tibet e della cosiddetta Chiesa dell'Apocalisse di Noddy, visto che la canzone medesima è imparentata ulteriormente con le liriche di Falling Back Into Fields of Rape firmata dallo stesso Tibet.
Il 1990 è comunque un anno lontano dagli esordi mefistofelici del gruppo inglese, ormai votato all'introspezione e all'essenzialità acustica del cosiddetto apocalyptic folk dopo una manciata di album davvero sperimentali ed estremi. HOH incontrò David Tibet quando già i Current 93 rileggevano la storia dell'esoterismo e del surrealismo, l'opera di Crowley e di Lautremont con un taglio meno agiografico e anche più ironico, nonché poetico. Island è il risultato di una grande maturazione e riporta in primo piano il compromesso tra ricerca esterna e contenuti, in modo sicuramente diverso dall'EP Crowleymass che proprio HOH aveva inciso con Tibet qualche mese prima con un piglio beffardo e un sound che strizzava l'occhio al dancefloor.

Carico i commenti...  con calma