Pur coltivando un amore incondizionato per la band capeggiata da David Tibet, ho saggiamente evitato, nel corso degli anni, di gettarmi sconsideratamente nell'acquisto di ogni uscita discografica targata Current 93. Come infatti ben sappiamo, Tibet non si è certo dimostrato ingeneroso nel pubblicare ogni cosa gli potesse passare per la testa; però al doppio live “All Dolled Up Like Christ” ci sono particolarmente affezionato, non foss'altro per il fatto che mi si rivelò inaspettatamente in un banchetto nel mercato dell'usato della mia miserabile città. Non proprio una cosa da tutti i giorni.
E “All Dolled Up Like Christ” è davvero un buon prodotto, fra i migliori live editi dalla Corrente nella sua sterminata discografia: non solo riesce a catturare la magia, l'atmosfera, l'afflato spirituale, oserei dire religioso, che sono palpabili durante quella sorta di riti collettivi che sono le performance dal vivo dei Current 93, ma finisce per costituire l'esaustivo compendio di una precisa fase della carriera dei Nostri, un excursus che fra l'altro può fungere da ideale best of per chiunque voglia avvicinarsi per la prima volta a Tibet e compagni.
L'album immortala le due fantasmagoriche serate (la notte di Halloween e quella successiva) che la Corrente tenne nell'ormai lontano 1996 presso la Orensanz Foundation di New York, e ha sostanzialmente il pregio di fotografare la band al culmine del suo splendore folk. E non a caso vengono saccheggiati gli album più significativi di quella felice stagione artistica, ossia “Thunder Perfect Mind”, “Of Ruine or Some Blazing Starre” e “All the Pretty Little Horses”, che rimarranno negli anni fra gli album più belli mai partoriti della Corrente e dal genere intero.
In queste due serate, ad accompagnare il buon Tibet, troviamo inoltre i musicisti che più di tutti hanno contraddistinto quella superba fase artistica: cito Michael Cashmore (chitarra), Rose McDowall (canto), Joolie Wood (violino), Karl Blake (basso) fra i nomi più emblematici. Insomma: una scaletta piena zeppa di classici immortali (a cui oggi è proibitivo poter anelare), la formazione migliore possibile, un periodo creativamente parlando irripetibile: cos'altro chiedere? I suoni non sono perfetti, questo è vero, ma sono buoni, più che dignitosi per far sì che i brani si liberino dalle catene imposte dallo studio di registrazione, e possano librarsi nell'aria ruvidi ed incisivi più che mai. L'esecuzione, anch'essa, non è impeccabile, ma anche in questo caso la bontà del risultato non viene inficiata, dato che da un live-album, sostanzialmente privo di ritocchi compiuti a posteriori, è lecito aspettarsi imperfezioni e sbavature.
L'unico vero appunto da fare è che il tutto poteva essere raccolto in un unico supporto, dato che i due tomi presentano scalette pressoché identiche: poco male, come dice il detto “nel più ci sta il meno”, e quindi perché dispiacersi se alla fin fine possiamo disporre di due concerti al posto di uno, magari da ascoltare in momenti separati?
Passiamo finalmente ai contenuti: il canto arcaico di Shirley Collins, come se prevenisse da una vecchia radio scassata, richiama l'attenzione del pubblico in sala; la voce tremula di una bambina, la figlia dello stesso Tibet, introduce l'evento e di poco precede l'ingresso della band sul palco. La chitarra di Cashmore e lo sferzante violino della Wood irrompono fra i parchi battiti di mano, ed è già pelle d'oca. L'irruzione della viva voce di Tibet, sgraziato menestrello dell'apocalisse, è anch'essa da brividi e l'incanto durerà per più di un'ora. E' partita “In the Heart of the Wood” chiamata provvidenzialmente ad aprire “Alpha”, il primo tomo, che, come si diceva, di poco si discosterà dall'altro, denominato ovviamente “Omega”.
I gioielli folk che contraddistinguono “l'età di mezzo” della carriera dei Current 93 sono riproposti assai fedelmente rispetto alle versioni originali, spurgate dalle contaminazioni elettroniche (assente, del resto, il guru dell'elettronica oscura Steven Stapleton), ma rinvigoriti dalla verve interpretativa di un David Tibet in stato di grazia.
I brani si susseguono come in un orgasmo multiplo e continuativo, dal quale svettano in tutta la loro bellezza classici del calibro di “Song for Douglas After He's Dead” e “The Death of the Corn”, quest'ultima ancora più bella dell'originale, impreziosita per l'occasione dallo struggente controcanto della McDowall. Un flusso sonoro che, interrotto di tanto in tanto dai calorosi applausi del pubblico estasiato (in religioso silenzio durante le esecuzioni), riesce ad omogeneizzare i vari concept che hanno originariamente animato gli album. Azzeccata, a tal proposito, la riproposizione in sequenza di “Dormition and Dominion”-“So: This Empire is Nothing”-“This Shining Shining World”, così come accadeva su “Of Ruine of Some Blazing Starre”: un concept nel concept potremmo dire, e questo è solo un esempio di come l'insieme acquisisca coerenza e rinasca a nuova vita. Per il resto le scalette sono ben congegnate, raccogliendo per lo più brani folk e riletture in chiave acustica di pezzi nati sotto il segno del caos (come non citare a tal riguardo la versione acustica di “Horsey” che qui assume le sembianze di un'evocativa ballata di otto minuti abbondanti, suggestiva nella quiete quanto intensa negli impetuosi crescendo: una versione che, anche in questo caso, supera di gran lunga il tripudio elettrico originario).
Se quindi a far da padroni sono i “nuovi” Current, non mancheranno piacevoli escursioni nel passato della band, come i brani pescati dal seminale “Swastikas for Goddy” (la travolgente “Oh Coal Black Smith”, l'alienante filastrocca delle tenebre “Black Flowers, Please”), o le varie “Be”, “Happy Birthday Spooky Moonbeam” e “The Blue Gates of Death”, fra i primi esperimenti folk operati dalla band alla fine degli anni ottanta, qui re-interpretati alla luce di una accresciuta maturità espressiva ed esecutiva.
In entrambi i tomi le vere sorprese vengono tuttavia relegate nei cosiddetti bis, laddove “Alpha” si conclude con una furibonda “Lucifer Over London” (decurtata della cantilenante coda finale, quindi rigenerata in due minuti di punk impazzito e visionario), mentre il commiato di “Omega” è affidato addirittura al tema della misticheggiante “Christ and the Pale Queens Mighty in Sorrow”, perfetto escamotage per salutare il pubblico mentre il gruppo esce di scena.
La messa è finita. Non ci resta pertanto che “agghindarci tutti quanti come Cristo”, premere un'altra volta play ed abbandonarci definitivamente ai fumi spiritici delle Corrente nella sua forma più affascinante e raffinata.
Alpha:
In the Heart of the Wood (And What I found There)
Callingm for Vanishing Faces II
This Carnival is Dead and Gone
The Descent of Long Satan and Babylon
Black Flowers, Please
Be
All the World Makes Great Blood
The Great, Bloody and Bruised Veil of the World
A Song For Douglas After He's Dead
Horsey
Happy Birthday Spooky Moonbeam
Oh Coal Black Smith
Dormition and Dominion
So: This Empire is Nothing
This Shining Shining World
A Sadness Song
Lucifer Over London
Omega:
The Death of the Corn
Calling for Vanishing Faces I
Happy Birthday Peek-a-Moonbeam
Horsey
All the World Makes Great Blood
The Great, Bloody and Bruised Veil of the World
A Song For Douglas After He's Dead
Dormition and Dominion
So: This Empire is Nothing
This Shining Shining World
Oh Coal Black Smith
Black Flowers, Please
When the May Rain Comes
The Blue Gates of Death
In the Heart of the Wood (And What I found There)
A Sadness Song
Christ and the Pale Queens Mighty in Sorrow
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