Vi immaginate l'eternità? Riuscite a focalizzarla con perfezione nella vostra mente?
Ovvio che no.
Tutto ha una fine. È quasi impossibile immaginare il tempo che si dilata per sempre. Basta pensarci per sentirsi vacillare e lasciarsi cadere al suolo.
David Tibet, il frontman nonché mente dei geniali Current 93 riesce a descrivere ancora una volta, con perfetta emozione questa sensazione di smarrimento perverso. Appena partono i primi accordi già ci si sente ricoperti di oscurità a fissare il cielo, che lentamente viene divorato da navi minacciose e poetiche, in quella parentesi che divide il giorno dalla notte chiamata tramonto. È un folk apocalittico, arcano e sepolcrale quello che ci viene presentato tra le note taglienti.
In questo viaggio apocalittico, si aggiungono tanti nomi della scena folk, tra cui la meravigliosa voce di disincanto quasi assessuata di Antony: dove i sessi di maschio e femmina si confondono, per liberare intense emozioni vitali. Non manca nemmeno Bonnie Prince Billy, che regala un'intensa esecuzione del brano cardine del disco: "Idumea", un inno liturgico del '700 presentato in sette versioni da sette interpreti.
Sette... un numero mistico, misterioso, intrigante e sconosciuto.
Perché questo è un'opera misteriosa, uno scrigno di segreti (come direbbero i mitici Pink Floyd), che alterna fragilità notturne (l'intensa "Sunset", che sembra disegnata con inchiostro nero, quasi come fosse la metafora di un dolore antico e scuro, come il mondo in cui viviamo) a momenti di estrema violenza (le chitarre ruggenti e martellanti di "Black Ships Ate The Sky", la visione catastrofica di un mondo a pezzi, con quell'indimenticabile "Who will deliver me from myself?" ripetuto più volte con devozione e dolore spirituale).
Le tinte folk apocalittiche sono immerse in atmosfere che rimandano ad una sorta di Virgin Prunes acustici o a degli Swans ad amplificatori spenti, ma è inutile fare paragoni: qui c'è David Tibet con la sua immensa voce ricca di fascino, a parlarci delle sue barche che divorano il cielo.
Volutamente pessimista, il disco è un'opera di straordinario fascino, nei cui solchi non mancano vere e proprie ballad struggenti (la poesia macabra, intensa e struggente di una perla di saggezza come "Blind Your Tortoise Mouth" fa venire addirittura le lacrime).
Quando la morte e il decadentismo diventano arte.
L'eternità in 76 minuti.
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