In casi come questo è davvero inutile dilungarsi in discorsi. Certa musica non la si può raccontare: o la si ascolta o altrimenti è impossibile immaginarsela. Se conoscete i Current 93 per dischi come "Thunder Perfect Mind" o "Soft Black Stars", azzerate il cervello e fatevi coraggio, perché qui della loro musica rimane solo l'atmosfera apocalittica, spogliata da ogni melodia e da ogni minima concessione all'orecchiabilità. Un buon metro di paragone per capire se l'articolo vi può interessare possono essere le atmosfere orrorifiche dei primi lavori di Diamanda Galàs, ed in particolare di dischi come "Divine Punishment" e "Saint of the Pit". Musica quindi non per tutti i palati.
Uscito nel 1984, "Dogs Blood Rising" prosegue sulla stessa scia del precedente "Nature Unveiled", l'album terrificante con cui il gruppo nemmeno un anno prima aveva gettato le basi per un nuovo modo di intendere e fare musica. Una musica, la loro, in cui le sonorità industrial e le soluzioni dell'elettronica più glaciale assumono le tinte fosche di un oscuro rituale. In cui il senso di mistero e di angoscia viene accresciuto dalla trattazione di tematiche che vertono sull'occultismo e sull'esoterismo. Una proposta, in definitiva, capace di assumere vere e proprie connotazioni metafisiche e mistiche, proprio perché fa leva, più che sui singoli passaggi e contenuti musicali, sul potere suggestionante e sull'impatto che hanno sull'ascoltatore le atmosfere estranianti nel loro complesso. Un po' meno compatto e spettrale del precedente, questa opera costituisce senza dubbio una ulteriore evoluzione delle intuizioni e delle soluzioni del passato, senza peraltro perdere nulla in quanto a forza espressiva. Qui di fatto si viene ad accentuare la componente sperimentale (soprattutto a livello vocale), la quale conferisce all'opera una maggiore varietà e un tocco di avanguardismo che stempera un poco (ho detto un poco!) l'atmosfera oppressiva ed il senso di abisso che avevano pervaso l'episodio precedente. È possibile anche rilevare, nei temi che s'intrecciano e che ritornano in forme diverse, una maggiore attenzione nella disposizione dei diversi tasselli, dando maggiore coesione e coerenza ad un'opera che altrimenti apparirebbe troppo dispersiva e frammentaria. Non vi è quindi spazio solo per la paura e per l'angoscia, ma anche per il cervello, che, fra un brivido e l'altro, ha modo di trovare qualche sollazzo. A dimostrazione che ci troviamo innanzi ad un gruppo che non si limita a voler solamente scioccare l'ascoltatore con delle trovate da baraccone, ma che sa anche dare profondità e un senso compiuto alla propria opera. Profondità che rinveniamo anche nelle liriche, mai banali e scontate, ma dense di simbologie spesso difficilmente decifrabili.
Inutile stare a parlare dei singoli episodi. Lunghe ed articolate composizioni si alternano a momenti più brevi ed atmosferici (ma sempre disturbanti), in un continuo sali scendi di emozioni, dove, fra vuoti e pieni, la tensione è sempre palpabile: gli scenari cambiano continuamente e tratteggiano una via tortuosa ed imprevedibile. Il nostro Caronte è David Tibet, qui più che mai nelle vesti di nero cerimoniere. La sua voce agghiacciante e blasfema, fra invocazioni, sussurri, lamenti e grida disperate, subisce continuamente la violenza e la manipolazione delle macchine: ora rallentata all'inverosimile, ora scomposta e moltiplicata in mille echi e riverberi, ora sminuzzata e distorta, costituisce un vero canto dall'oltretomba, capace di estraniare l'ascoltatore e di catapultarlo altrove, in luoghi desolati, fra orde di demoni e cori di dannati. Il corpus sonoro si fa più minimale che in precedenza, e si compone sostanzialmente di rumori e campionamenti, per lo più di canti gregoriani o dei rituali dello stesso Alesteir Crowley, l'occultista dalla cui filosofia nasce e trae ispirazione la musica dei Current 93. Qua e là fanno la loro comparsa le secche percussioni di John Murphy (noto per aver collaborato anche con Death in June e Boyd Rice), la voce declamatoria di Steven Ignorant, l'intervento di qualche gentil donzella e le inquietanti filastrocche di una bambina. Il fondamentale lavoro in sede di produzione di Steven Stapleton (Nurse with Wound), che compie una certosina opera di destrutturazione e manipolazione dei suoni e dei campionamenti in fase di missaggio, rende, se possibile, il clima ancora più malsano ed inquietante.
Aggiungere altro è inutile. Basti ribadire che ci troviamo innanzi ad un lavoro davvero estremo, ostico, totalmente privo di melodia e composto esclusivamente da rumori e lamenti. Un qualcosa che si avvicina più ad una messa nera che a qualsiasi altra cosa che possiamo definire come musica. A questo punto non resta altro che farsi coraggio e gettarsi nell'ascolto. Sconsigliato ai facilmente suggestionabili. Uomo avvisato…
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