Nei primi anni 2000 la creatura di David Tibet versava in uno stato di disorientamento, concettuale e quindi stilistico, che aveva reso il cammino della Corrente incerto e claudicante. Tanto che ai tempi di "Hypnagogue" si vociferava addirittura di una definitiva archiviazione del progetto, un percorso non più congruo per un Tibet da poco convertitosi sorprendentemente alla dottrina cristiana, dopo anni di rigorosa militanza satanica.  Avvenne invece un miracolo, si compì la "resurrezione artistica", e questa avvenne sotto il segno di una trilogia di album come "Black Ships Ate the Sky", "Aleph at the Hallucinatory Mountain" e "Baalstorm Sing Omega". Un percorso in verità maggiormente composito, che non si esaurisce nei tre album sopra citati, ma che comprende anche lo split con gli OM "Inerrant Rays of Infallible Sun (Blackship Shrinebuilder)", degna appendice di "Black Ships Ate the Sky", e l'EP "Birth Canal Blues", altrettanto degna anticipazione del successivo "Aleph at the Hallucinatory Mountain". E se il terzo capitolo "Baalstorm Sing Omega" pareva essere uscito troppo in fretta, ecco che a pochi mesi dalla sua pubblicazione viene diffuso questo "Haunted Waves, Moving Graves" (pubblicato in tiratura limitata di 999 copie - un numero di copie più che sufficiente per la quantità di orecchie che saranno disposte a considerarlo) a ristabilire un equilibrio e a dare un compimento a quello che ad oggi pareva il "capitolo debole" della terna.

"Haunted Waves, Moving Graves" è un album che potremmo definire post apocalittico, per la sua capacità di descrivere un paesaggio inanimato, "morto", privo di vita, ove l'unico elemento di dinamismo è il cieco e reiterativo riflusso delle onde, onde "infestate" come da spettri, "sepolcri mobili" in cui sembrano giacere gli ultimi scampoli di umanità. Come si suol dire in questi casi: la quiete dopo la tempesta. Una tempesta che era stata annunciata da certi tonanti episodi di "Black Ships Ate the Sky" (si pensi alla nervosa cacofonia della title-track), una tempesta poi esplosa defintivamente al suono deflagrante della ruvida (ed inedita) elettricità esplorata con "Inerrant Rays..." e "Aleph at the Hallucinatory Mountain", con le irruenti sperticature vocali di "Birth Canal Blues"; una tempesta infine smorzatasi nella parabola discendente (ma non priva di sussulti) di "Baalstorm Sing Omega".

Una tempesta scemata definitivamente nella stasi ambientale di questo ultimo lavoro: un lavoro che abbandona definitivamente gli stilemi del folk apocalittico, ma che non è al contempo accostabile alle truci sperimentazioni delle origini, avvolte dalle tenebre dark-industriali di un genere ancora in fieri; e nemmeno avvicinabile alle prove ambientali che di tanto in tanto i Nostri hanno nel tempo saputo centellinare (e mi vengono in mente i lavori nati dalla collaborazione con lo scrittore Thomas Ligotti, dove la componente elettronica era ancora preponderante).

Se non mi son perso qualcosa, era dai tempi dell'EP  "Faust" (era il 2000) che la Corrente non proponeva qualcosa del genere. Ma è passata troppa acqua sotto i ponti, la Corrente si è nel frattempo troppo emancipata dal verbo industriale per tornare come niente fosse sui propri passi, e così "Haunted Waves, Moving Graves" non poteva non tener conto dell'evoluzione che il progetto ha avuto nel corso degli anni: cosicché oggi i Current 93, così diversi, così coerenti, si abbandonano ad una peculiare forma di musica da camera che vede la sua forza nella sinergia fra il violoncello di John Contreras, il piano di Baby Dee, le manipolazioni elettroniche di Andrew Liles, che oramai sembra definitivamente aver preso le veci del maestro Steven Stapleton, di cui Liles rimane comunque degno discepolo, nonché suo fido braccio destro nei Nurse with Wound (come se Stapleton avesse ceduto il testimone all'unica persona di cui si potesse fidare, e a cui poter affidare il suo caro amico di sempre David Tibet).

E così sorprendente è la carriera dei Current 93, che non sorprende nemmeno un fatto così sosprendente come "un album dei Current 93 senza Tibet". Anche se, si sa, non può esistere un album dei Current 93 senza Tibet, la cui presenza rimane tangibile quale anima ispiratrice dell'opera (una presenza che si percepisce non solo dalla semplice ma intensa e peculiare poetica del titolo, ma anche dalla copertina - a mio parere pessima - farina del sacco pittorico dello stesso Tibet).

Il legame con il lavoro precedente è lampante: se "Baalstorm Sing Omega" si era concluso con il deflagare delle onde contro gli scogli, "Haunted Waves, Moving Graves" riparte proprio dal suono delle onde, che ci accompagnerà per tutti e settantuno i minuti (cinquanta per chi possiede il vinile) che compongono la durata complessiva dell'opera: un'opera divisa in due lunghissime composizioni, "She is Naked Like the Water" e "The Sound of the Storm Was Spears", che in verità costituiscono l'una la continuazione dell'altra, tanto che si può parlare di un'unica ambientazione.

Sintetizzando, la prima parte si distingue per l'intenso operato di Contreras, che parte da lontano (da molto lontano: dal silenzo e poi dalla quiete di un lungo ondeggiare rafforzato da morbose, quasi mitologiche dissonanze di organo) per svilupparsi in un lento, sofferto, irrequieto crescendo in cui il suo violoncello viene chiamato a tessere sublimi intrecci che sono molto di più di un'accorta improvvisazione; la seconda parte, invece, viene aperta dalle glaciali partiture di un'elettronica distesa, cosmica (o meglio "balneare") che impercettibilmente lascia spazio ai malinconici fraseggi del pianoforte di Baby Dee (poesia allo stato puro). Ma è ovvio che il tutto deve essere ascoltato, respirato, vissuto in uno stato di arrendevolezza, in cui l'arte si confonde con la magia.

Forte di un'eleganza, di una sinuosità, di una perfezione formale che hanno del divino, "Haunted Waves, Moving Graves" suona come un appassionato requiem dedicato all'umanità intera, una melodia tragica che, sconsolata, lascia al tempo stesso spazio ad un "qualcosa di totalmente altro" che certamente non può essere compreso con le sole armi della ragione: un gran bell'album, forse non un capolavoro, né qualcosa di particolarmente innovativo (come lo sono stati i primi lavori dei Current 93); e per molti risulterà senz'altro eccessivamente lungo, prolisso, ridondante nel suo calcare pedissequamente sui medesimi temi ed umori, ma come tutti gli album dei Current 93 (riusciti o meno che siano) è qualcosa di unico, tremendamente profondo, dettato da un'urgenza comunicativa che ne giustifica l'essenza.

Difficile darne una definizione o assegnarne la reale valenza artistica, impossibile darne un giudizio obiettivo al di fuori del concept tematico germogliato e sviluppato nei lavori appena precedenti. Forse inutile concepirlo come cosa a sé stante. Di certo, alla luce di quanto appena udito, tutta la storia recente dei Current acquisisce una luce diversa. Ed è bello pensare che non si tratti di una conclusione, ma della premessa a qualcosa di altrettanto splendido.

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