Con "Nature Unveiled" si gettarono le basi per un nuovo genere musicale; con "Dogs Blood Rising" si toccò l'apice espressivo che questo tipo di approccio musicale poteva offrire; con "Live at Bar Maldoror", che remixava e mescolava i momenti più significativi delle opere precedenti, si andò infine a ribadire un'intransigenza sonora che evidentemente non voleva essere solo una provocazione fine a se stessa, ma il frutto di una reale urgenza artistica. Questi tre episodi, percorsi ed animati dall'opprimente tema di Maldoror, possono in un certo senso esser visti come una trilogia. E se per certi aspetti nel loro insieme essi costituiscono uno dei momenti più significativi della musica sperimentale nella storia recente, è evidente che una proposta del genere, onde non perdere il suo carattere intrinsicamente rivoluzionario ed avanguardistico, non può costituire (per contraddizione di termini) materia sonora riciclabile all'infinito.

"In Menstrual Night" è un tentativo, seppur non del tutto riuscito, di esplorare nuove sonorità. Forse questo album rappresenta solo una pausa di riflessione. O forse, ancora più semplicemente, un divertissement fine a se stesso per allentare la tensione accumulata con i lavori precedenti. La copertina, in cui campeggia un tetro paesaggio costellato da teschi infilzati da neri aculei (con un bel cazzo in erezione nello sfondo, per quelli che amano aguzzare la vista!), e il crocifisso spezzato fotografato all'interno del booklet non fanno presagire grandi novità all'orizzonte, tuttavia, il disegno di un paio di graziosi micini che danzano allegri sul piatto del cd ci suggerisce che qualcosa è cambiato davvero. Beninteso, da ridere e stare allegri ci sarà ben poco, mentre di melodia qui ve ne è addirittura meno che in passato. Ad ogni modo gli esperimenti sonori dei Current 93 vanno temporaneamente ad abbandonare le mostruose ambietazioni infernali dei lavori precedenti per approdare ad una forma più minimale: le atmosfere si diradano, si fanno meno fosche ed oppressive, e più in generale si respira una leggerezza, stilistica e concettuale, inedita per la band.

Tre pezzi per cinquantatre minuti di durata complessiva, "In Menstrual Night" raccoglie in realtà due registrazioni originariamente uscite separatamente, ed entrambi risalenti al 1985.

La prima è "In Menstrual Night", unica composizione di quarante minuti divisa provvidenzialmente in due movimenti. Per l'occasione i Current 93 erano David Tibet, Hilmar Orn Hilmarsson, Steven Stapleton, Diana Rogers, John Balance, Ruby Tathata, Keiko Yoshida, Rose McDowell e Bee, e se vi faccio partecipi di questa lunga quanto inutile lista, è solo per sottolineare il paradosso di come da questo enorme spiegamento di forze sia uscito fuori praticamente il nulla! "Sucking Up Souls (In Menstrual Night part one)", infatti, è un collage rumoristico di ventuno minuti in cui voci, cori, musiche e un chiacchiericco di sottofondo si vanno a mescolare senza un apparente filo conduttore. Solo nel finale un inquieto ansimare andrà a far crescere la tensione nell'ascoltore, ma sostanzialmente si tratta di non-musica adatta più che altro per accompagnare lo stato di dormiveglia e far lavorare la fantasia. Per niente cacofonico, è l'ideale per addormentarsi e all'occorrenza avere incubi. C'è da dire che i nostri, anche se avrebbero potuto, non ci riservano particolari colpi gobbi da farci sussultare nelle coperte. E l'utilizzo di voci di bambini, che chiacchierano, cantano filastrocche o addirittura declamano testi di vecchie composizione dei Current, più che incutere inquietudine, sortisce un effetto straniante. Il pezzo sfuma in "To Feed the Moon (In Menstrual Night part two)" che sostanzialmente porta avanti la stessa manfrina per altri venti minuti, questa volta però ad evitarci il suicidio imminente ci sono delle note (due per l'esattezza, riprodotte non si capisce con cosa, e ripetute per tutta la durata del pezzo) e l'imperversare di una batteria sbilenca e scoordinata, che fa viaggiare il brano su tempi strani, né jazz né rock, forse forse hip-hop! Il pezzo, a ragion veduta, potrebbe chiamarsi anche "Ma che diavolo sto ascoltando?", ma, come dicevo, questa è musica che si presta più ad un ascolto passivo che ad uno attivo.

"Killykillykilly (A Fire Sermon)", a mio parere il pezzo più interessante del lotto, faceva invece originariamente parte di "Nightmare Culture", un mini split con i Coil (sotto le mentite spoglie di Sickness of Snake). A tal rigurado posso dirvi che ci suonano dentro David Tibet, Steven Stapleton, John Balance, Boyd Rice, Ruby Wallis, Steve Ignorant e John Murphy, con risultati meno minimali e più orientati verso un noise maggiormente canonico. Aperta dal celebre tema di Arancia Meccanica, la composizione proseguirà per più di dodici minuti all'insegna del solito assemblaggio di voci e rumoretti, ma con l'apporto provvidenziale di quello che pare essere un basso ultra distorto, capace, ai limiti del più insano dronaggio, di riversare una barilata di nera pece nelle nostre orecchie, suscitandoci le più sublimi delle visioni. Finalmente Tibet decide di degnarci della sua presenza (fino ad adesso, o non c'era, o se c'era si era ben mescolato fra le altre voci nel sottofondo), ma il suo recitato viene subito sovrastato dal violento e punkeggiante declamare di Steve Ignorant, che inietta decisamente un po' di adrenalina al tutto. Il pezzo proseguirà con maldestre insursioni di piano e percussioni (da segnalare, inoltre, la simpatica comparsata del campionamento della countryeggiante "Eve of Desctruction" di Barry McGuire), fino a svanire nuovamente nel tema di Arancia Meccanica.

Lavoro fine a se stesso o geniale? A voi la risposta, e di certo peserà sulla valutazione il vostro indice di gradimento per l'arte di Tibet e soci. Ad ogni modo un lodevole tentativo di cambiare le carte in tavola e portare una ventata d'aria fresca, un lavoro che non cambierà certo la vostra vita, ma che potrebbe portarvi alla follia se mai vi venisse voglia di immergervi nel suo labirinto di voci e suoni, e lanciarvi in un'arduo tentativo di interpretazione. Dal mio punto di vista, sempre su questo stile, saranno ben più interessanti i lavori che in seguito nasceranno dalla collaborazione con lo scrittore Thomas Ligotti, ed in particolare l'inquietante "I Have a Special Plan for this World", temibile trasposizione "musicale" dell'omonimo racconto. Ma di quello parleremo un'altra volta...

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