'Se è cosa difficile essere italiano, difficilissima cosa è l'esser toscano […]. E non già perché noi toscani siamo migliori o peggiori degli altri, ma perché, grazie a Dio, siamo diversi da ogni altra nazione: per qualcosa che è in noi, nella nostra profonda natura, qualcosa di diverso da quel che gli altri hanno dentro.
O forse perché, quando si tratta di essere migliori o peggiori degli altri, ci basta di non essere come gli altri, ben sapendo quanto sia cosa facile, e senza gloria, essere migliore o peggiore di un altro'.
Una definizione originale dei toscani a opera dello scrittore pratese Curzio Malaparte in una specie di saggio a difesa della gente della sua regione, pubblicato un anno prima della sua morte (avvenuta nel 1957), nel contesto dell'Italia vile e bigotta del dopoguerra, con la connivenza del potere della Democrazia Cristiana e la Chiesa – e i comunisti all'opposizione politica e culturale nel paese.
L'autore di 'La pelle' e 'Kaputt' apre la sua trattazione definendo il toscano come il più intelligente, il più coraggioso e il più libero fra tutti i popoli in Italia, i quali di fonte a questo si sentono a disagio.
Un popolo avente il senso della misura e dell'equilibrio, in piccolo (visibile nelle dimensioni delle strade e delle case, dei monumenti e anche dei soggetti della pittura senese e fiorentina), dal parlare schietto e facendo 'tutte le loro cose in prosa, con grandissima semplicità, senza parole inutili' e dotati di una particolare intelligenza per la quale guardano nel profondo ogni cosa terrena, capaci di ricavarci opere come poesie, sculture, principi ecc...
Ma freddo nella violenza e che nella morte urla e bestemmia o ride in maniera terribile e che in nome della sua superiorità guarda una persona per giudicarla, pur sapendo nella sua testa di essere fatta male, e la sua mancanza di compassione.
Un popolo legato alla terra che ne rivela le caratteristiche, una sola, quella di essere razionale; e dal rapporto con la religione di devozione essenziale ma sincera e la predilezione per i santi e non le sante, perché morti nelle prove e nelle sofferenze (e i miracoli compiuti dai santi della regione non aventi nulla di complesso né di maestoso, non amando i toscani le cose complesse). E, in contrasto con tutti gli altri popoli in Italia, la loro preferenza dell'inferno dove vanno e vengono a loro piacimento e dove i costumi sono simili a quelli toscani (questo amore spiega il loro odio per i preti, i quali non sanno che i veri cristiani sono anche uomini che aspirano a una vita non solo di fede, ma anche di libertà).
In molti ambiti della cultura popolare e della regione l'autore paragona il popolo e le sue città alla Grecia antica perché il modo di comportarsi, di esprimersi e di agire dei toscani 'si accorda con l'architettura delle case, dei palazzi, delle chiese, col viso e i gesti delle statue di Donatello, del Pisano e di Jacopo della Quercia'.
Spostandosi al particolare l'occhio dell'autore si dirige in alcune realtà, iniziando da quella di Prato dove 'tutta la storia d'Italia (e d'Europa) va tutta in stracci', indicando nell'attività economica principale della città, la raccolta di indumenti e di tessuti dismessi da ogni parte d'Italia e del mondo, sia il carattere semplice, umile, razionale, intraprendente e fiero dei pratesi sia la fatuità di ogni gloria umana, di cui loro si rendono ben conto a contatto con l'attività stessa; la comunanza fisica e culturale della gente di Campi Bisenzio (vicino a Firenze, ndr/nota di recensore) con quella della Maremma; la Livorno popolare più autentica che l'autore individua nel quartiere della Venezia, con i suoi canali, dove vivono i pescatori (in un altro capitolo viene fatto un elogio alla bellezza e alla centralità delle donne nella vita e nella natura della città); la gentilezza e la falsità nel parlare e nei modi dei senesi (una realtà, la loro, completamente diversa dal resto della regione) e la voglia di picchiarsi dei fiorentini d'Estate per divertimento.
E viste tutte queste qualità nel popolo della sua regione, l'autore invita gli italiani a essere dignitosi, liberi e coraggiosi come i toscani.
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