Rasoiate, laceranti fendenti e ancora scorticanti scudisciate.

Ecco ciò che l'acuminato quartetto The Cutthroaths 9 dispensò a pieni strumenti nelle sei turbinose tracc(i)e espulse da questo massicciamente brevilineo, ed ultimo, micro-L.P. targato 2001.

Chris Spencer (urla dispotiche, arpa celtica), trasferitosi in California in combutta con il fido Dave Curran e accantonato il maggiormente noto (Unsane) progetto foriero d'una consistente serie di lavori significativi per chi gradisca scandagliare le evoluzioni e i deraglianti picchi verticistici del suono-rock più turpe e cinico della Nuova York dei primi anni novanta, decise, agli albori del nuovo millennio di rimettersi artisticamente in giuoco non scostandosi d'una sola impercettibile virgola da quanto precedentemente seminato e raccolto ossia perseverando nella filiazione di quanto di meglio era stato fino a quel momento in grado di proporre: rock frastuonosamente abbondante.

Adottata nuova sigla e inglobati in organico due volenterosi fabbri la recrudescente entità dispensa dapprima una omonima riuscita prova sulla lunga distanza indi l'ivi trattato condensato musico-cementizio: un perfetto, gratificante estratto di purissimo, greve, titanico noise-rock senza la benché minima mainstream-concessione (qualcuno ha detto Helmet?).

Ciò che impressiona maggiormente di cotanta "azzardata"* operazione, oltre la sua impressionante risolutezza, è la notevole e differenziata "sostanza" qualitativa dei brandelli in esso ospitati: si analizzi à mero titolo d'esempio il furente, stentoreo, quadratissimo assalto iniziale "Prey": un suono talmente/furiosamente Insano chè davvero più malsano di così non si pùò: uno spettacolo piroclastico! Solamente nella conchiusiva traccia ("Saw It") si intrasente qualche timidissimo segnale di differenziazione; uno sporadico tentativo di inedito utilizzo di linee vocali maggiormente lineari e "pulite": per fortuna il tutto viene completamente (s)travolto da una ragguardevolmente rovinosa coltre di Watt!

Neppure diciassette minuti complessivi di suadenti sportellate dalle quali veniamo allegramente travolti e conquistati; un lavoro di apparente oggettiva incongruità** e che nonostante le quotidiane, massicce e reiterate dosi di musiche assortite imposte al nostro frastornato cranio, invero si fa indubbia fatica àd obnubilare.

 

* col senno di poi: lavoro potenzialmente "riempitivo" forgiato da una band sostanzialmente interlocutoria; a breve distanza Chris rispolverò il vecchio monicker;

** l'esistenza umana media si compone di circa [quarto-più, quarto-meno] 1.878.000 quarti d'ora pro capite;

Carico i commenti...  con calma