Prefazione.
In questo, spero breve, prologo, vorrei dare alcune chiarimenti inerentemente alla recensione che mi appresto a produrre.
Innanzitutto il perché della scelta dell'album in oggetto: pur essendo conscio che per esso esiste già una review, ho deciso comunque di effettuare un doppione a fronte di un deciso sentimento di disaccordo con quanto espresso dal collega debaseriano autore della precedente analisi.
In prima istanza permettetemi di chiedere al gentile lettore non neofita del mondo sonoro dei Cynic di non proporre infruttuosi raffronti con il predecessore "Focus", in quanto sarebbero un insulto alla nostra (recensore/lettore/potenziale acquirente del cd) intelligenza pensare di trovare un filo conduttore unico e saldo tra i due lavori, peraltro distanti 3 lustri non solcati da una ipotetica via evoluzionistica.
Credo che a volte ci possa imbattere in band capaci di essere a tal punto innovative e portatrici sane di mutazioni che ogni loro album/evento possa essere considerato non altro che il frutto di un'istantanea concetrazione di ispirazione fuori dal comune: come il collasso di una stella esplosa, l'immissione sul mercato di "Focus" ha prosciugato Paul Masdival e Sean Reinert a tal punto che, per trovare l'attitudine e la forza spirituale necessaria a dare un seguito ad un album ottimamente accolto dalla stampa ma non altrettanto foriero di successo nelle vendite (perché questo bisogna ricordarlo, ai tempi la Roadrunner non ebbe molte soddisfazioni e ritorni economici dalla pubblicazione dell'opera prima dei nostri), hanno dovuto forzatamente e molto lentamente evolversi, aggiungendo a ciò anche una maturazione personale tale dar loro una visione assai lontana da quei movimentati inizi di anni '90.
Frutto di questa nuova metempsicosi è il tanto atteso "Traced in Air": un meraviglioso viaggio onirico senza barriere musicali, senza etichette di appartenenza forzata a questo o quel movimento, scevro dai possibili legami storici con un ingombrante passato. Libertà allo stato puro, libertà di spaziare, di esprimersi, di non temere le reazioni di un pubblico che già in passato non ha saputo accogliere e comprendere.
E contemporaneamente questa meravigliosa forza interiore (se volete chiamatela testardaggine) nel proporre esclusivamente onde sonore di difficile assimilazione per coloro, e sono la maggioranza, che non sanno librarsi oltre i punti cardinali di una coscienza musicale assuefatta all'abitudinario.
Inutile parlare di generi o sottogeneri, di influenze manifeste o inconsce: tutto quello che ci si può aspettare da un album dei Cynic è presente in questo nuovo opus, le atmosfere sognanti e vagamente new age (soprattuto nei testi ancora una volta incentrati su una visione totalmente personale dell'essere umano), le commistioni sonore a largo spettro, la sovrannaturale tecnica individuale, la positività che si respira nell'arco di tutto il disco, tutto concorre a rendere "Traced in Air" l'ennesima perla multidimensionale atemporale nella carriera di nostri.
Unica perplessità è l'eccessiva omogeneità (od eccellenza continuativamente inoculata in ogni singola track) che rende l'album in oggetto privo di quelle naturali curve sinusoidali di gradimento che tendono ad imprime con maggior forza una decisa memoria dei singoli brani: ciò non significa piattezza emozionale, tutt'altro, vedasi ad esempio l'opener (quasi)strumentale "Nunc Fluens" (tribale e struggente contemporaneamente) a confronto della più intimista "Evolutionary Slepper", ma sarebbe del tutto inutile perdersi nella singola descrizione o nella vivisezione di un'opera da gustarsi tutta d'un fiato come un meraviglioso viaggio attraverso un universo in cui le coordinate spaziali si deformano sotto le spinte di una forza suggestiva senza pari.
Buon ascolto e felice rinascita.
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