I Daemonarch apparsero e contemporaneamente sparirono dalla scena "Black" europea nel 1998 con questo "Hermeticum", per poi non sentirsi mai più in giro.
Detta così, potrebbe essere la calzante descrizione di una delle miriadi di realtà sotterranee che costituiscono una costellazione del genere estremo specialmente se scandinavo, e invece, c'è più di una caratteristica a rendere particolare questa band.
Non di certo il suono e la parte "cattiva" del disco che, bene inteso, è comune e canonica per quei tempi e per quel determinato genere, ma bensì per il suo organigramma: i Daemonarch infatti, non furono altro che l'incarnazione più blasfema e dissacratoria di un'altra band, pilastro dell'Heavy Metal europeo, ossia i Moonspell, di più, naturalmente, non si riferirono ad una realtà nordica ma bensì sud europea, portoghese per la precisione.
I componenti, infatti, non sono altro che Fernando Ribeiro, Ricardo Amorim, Sérgio Crestana e Pedro Paixao, che, probabilmente presi da una incontenibile voglia di strafare e di cedere alla loro anima più brutale e morbosa, misero insieme questo progetto che prese forma grazie all'attenzione della Century Media e che non può essere classificato altrimenti come "Black Metal".
Le nove canzoni di questo album, infatti, pescano a piene mani dall'angoscioso e quanto mai variegato terreno di base dei Moonspell stessi, e lo elaborano in una formula che di originale non ha proprio nulla, e che sicuramente avrà fatto sorridere chi è abituato ad ascoltare lavori di ben altro spessore in questo ambito, cose del tipo Burzum, Mayhem ecc. , ma è certamente lodevole e interessante, a riascoltare il disco, capire e carpire chiaramente le influenze che hanno fatto dei lusitani una band certamente fuori dagli schemi, ma che sicuramente sa emozionare e stupire ad ogni uscita, non ultima quella di "Memorial", il lavoro che forse, odiernamente, più si avvicina a questo Hermeticum, almeno e solo per la maniera di cantare dell'istrionico Ribeiro.
Scream feroci e batteria impazzita in certi frangenti (qui affidata ad una buon programmata drum-machine), sussurri malvagi e andirivieni claustrofobici per le composizioni che in ambito di songwriting sconfinano nella parte più misantropa, crudele e blasfema del cantante che, all'epoca dell'uscita del disco, dichiarò fosse frutto di sue composizioni giovanili, e dunque che certamente peccano di ingenuità e di faciloneria ma che, eseguite quando ormai i Moonspell cavalcavano l'onda dei loro successi, non possono che risentire della gran classe di cui la band è stata da sempre portatrice.
"Lex Talionis" e "Samyaza" ne sono esempi più che palesi. Incedere vorticoso, chitarre raschianti e tendenti al minimalismo Black (pur non risultando essere poi tanto orientate in tal senso, merito, o demerito, della produzione più che buona), la voce di Ribeiro che renderebbe animato persino un mucchio di sassi, un ritornello bellicoso e facile da imprimere a memoria, e tutto il resto che si attesta su livelli di "già sentito", "già assimilato", ma che è comunque buono ed ammirevole.
Ma non è solo nelle tirate truci che questo album viene valorizzato; vi sono in esso un sacco di episodi che mettono in mostra una corposa base Heavy e la sfruttano appieno, riuscendoci persino ad intercalare, nel mezzo, assoli e rimandi all'epicità tipica dei Moonspell più tribali, come in "Nine Angles" e "Corpus Hermeticum".
Certo, accostare un certo qual senso di appartenenza per questo cd è come scoprire un pò l'acqua calda. Si capisce benissimo che, pur volendo confezionare un album violento e senza compromessi, le attitudini e i giri strumentali su cui si basa non possono essere che quelli canonici e distintivi della band madre, e forse, se i Daemonarch in tal senso avessero maggiormente calcato la mano, allora ne avrebbero ottenuto certamente un risultato più apprezzabile e meno abbozzato in certi sensi, senza la latente sensazione di aver messo in campo solo degli spunti e poi di non averli saputi tradurre in stesure compiute e piacevoli.
Ma, come ho detto prima, l'attitudine c'è tutta e la si può bene sentenziare se si è dei fan sfegatati dei Moonspell; non mancano nemmeno gli episodi davvero opprimenti e claustrofobici che rimandano immediatamente alla scena più torbida e maniacale del Black, come ben si presentano in "Call From The Grave", "The Seventh Daemonarch" e nell'atmosferica e satanica "Hymn To Lucifer", che tra gli episodi più "classici" di certo ne è la testa e l'intero cuore, pur restando sempre in bilico tra epicità mediterranea (che tanto ricorda certi interludi di "Irreligious") e glaciali umori notturni in foreste battute dal vento e dal nichilismo misantropico di Ribeiro e compagnia.
Per finire, se certamente siete estimatori dei Moonspell e vi viene l'ansia ad ogni loro uscita, allora questo sarà un album che conserverete gelosamente e riascolterete con piacere, se invece siete fanatici del Black Metal, specie di quello denominato "True Norwegian", allora fatte un ghigno, satanico naturalmente, tornate a rispolverare i vostri idoli di sempre, e passate oltre.
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