Beh veramente non sò come cominciare. Dunque... Robert Nesta Marley o più facilmente BOB MARLEY. Chi si è interessato alla sua vita, sà quanto lui sia stato amante delle donne e assolutamente non fedele. Addirittura secondo alcuni biografi si stima che i figli di Bob Marley, riconosciuti e non arrivino addirittura alla doppia cifra.
Damian Marley è il più giovane dei suoi figli che portano il suo cognome ed è un musicista, cresciuto nell'affascinante mondo di 56 Hope Road (vero e proprio quartiere generale di Bob Marley) in Giamaica, e cresciuto tra l'isola caraibica e Miami. Una cosa si può dire con sufficiente sicurezza e cioè che Damian Marley ha talento. Non è nuovo alla musica e questo "Welcome to Jamrock" è il suo terzo disco. Un bel disco che si muove tra sonorità Roots-Reggae, Hip-Hop, Dancehall e R&B. Và subito precisato che se avete in testa e nelle orecchie la produzione del padre, questo disco vi farà sicuramente storcere il naso, và però anche detto che il merito che si può attribuire a Damian è il fatto di attualizzare il Reggae, sposandolo e mischiandolo con un Hip-Hop prettamente West Coast e con ritmiche R&B che se il sottoscritto non ama, rappresentano indiscutibilmente i nuovi suoni Soul e Pop dell'America Nera.
Altro fattore degno di nota è la presenza di un approccio che rimane fedele alla tradizone Giamaicana fatta di Sound System e dove la Dancehall viene sdoganata ed internazionalizzata. Il singolo che letteralmente ha fatto esplodere questo disco ed il suo fautore è "Welcome to JamRock", canzone con un cantato realmente Giamaicano, sporchissima di Dub con una ritmica acida e martellante che entra subito in testa ed un testo-denuncia sulle disparità sociali giamaicane. "Confrontation" è un'affascinante canzone-invocazione atipica con un intro preso da un discorso di Sua Maestà Hallie Sellasie "King of Kings" ed un cantato molto ritmato. "All Night" è un bellissimo pezzo Dancehall che vi farà capire tutte le differenze che passano tra Shaggy e Damian Marley. Non sono solo rose, ci sono almeno tre-quattro pezzi che per chi scrive strizzano troppo l'occhio alla plasticità di certa musica da Hit. “There for you” si muove in territori a metà tra l’R&B ed il Blues ed il cantato ricco di drammaticità e trasporto riporta alla mente certe particolari interpretazioni di Bob Marley.
Presenti anche due rivisitazioni di “Pimpers Paradise” che diventa “Pimpa’s Paradise” acustica e con la partecipazione di Black Thought e poi il freestyle di “Exodus” che diventa “Move”. Altro pezzo particolarmente riuscito è “Road to Zion” con la partecipazione di Nas dal flow particolarmente sciolto, si lascia l’Hip-Hop per tornare al Roots-Reggae di “We’ re Gonna Make it”, bel pezzo in levare. Per tirare le somme si può tranquillamente affermare che Damian “Junior Gong” Marley è un ottimo interprete che ha il merito con questo disco di (ri)dare un po’ di luce al reggae, interpretandolo e vivendolo con rispetto e trasporto. D’altro canto non si può negare che il disco è confezionato ad-hoc per piacere alle platee americane, curato nei suoni e ottimamente prodotto dal fratello Stephen Marley e che strizzi un po’ troppo l’occhio ai passaggi radiofonici. Fondamentalmente il problema di questo disco è che ha due facce. Si è invogliati ad ascoltarlo più e più volte per gustarne tutte le piccole ottime sfumature ma è anche vero che alcune composizioni lasciano fin dal primo ascolto il tempo che trovano e che quindi i successivi ascolti lascino nell’ ascoltatore la voglia di suoni più Original & Roots... Bob Marley, Peter Tosh, Skatalites and so on…
Questo è quanto, il “piccolo” Marley c’è e si fa sentire.... Speriamo che continui così senza farsi inghiottire dal tritarifiuti mediatico della musica-spazzatura e che continui a “parlare” con la sua musica che per sua stessa ammissione è musica di redenzione. Che dire..... speriamo.
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