Chi è “davvero” Damo Suzuki?

- Quanti anni aveva quando imparò a camminare? - So che a 4 anni me la cavavo già bene - Quando lasciò la fattoria? - A 16 anni - E ci volevano proprio 12 anni per decidersi…. (Cary Grant in “La gente mormora” di L.C. Mankiewitz, 1951)

A poco più di 16 anni Kenji “Damo” Suzuki decise di essere capace di camminare quanto bastava per andarsene in giro per il mondo.

Addio ad una madre troppo presente ed a un padre silenzioso, addio ad una sorella che continuava a regalargli strumenti musicali, che lui non ha mai imparato a suonare, ed addio al Giappone ed ad ogni appartenenza culturale.

Kenji voleva essere cittadino del mondo.

E si mette in cammino. Si arrabbatta come capita. Si mantiene soprattutto cantando e suonando (oddio, più che suonando, martoriando) una chitarra – benedetta quella sua sorella – e ballando.

E cammina.

Ad un certo punto – nel ’67 o giù di lì – arriva in Europa. Prima lo troviamo in Svezia, in una sorta di comune con un’altra cinquantina di tipi come lui, a godersi la vita in quella natura incontaminata e a non fare nulla (parole sue). Poi se ne va in Finlandia, Francia, Svizzera, Inghilterra, Irlanda, finché –finalmente – arriva in Germania.

- Le piace la musica mr. Shaunderson? -Sopra ogni altra cosa (“La gente mormora” op. cit.)

Gironzolava per Monaco cominciando a pensare di tornarsene in Giappone quando capitò che gli offrissero un lavoro: suonare in un musical (!).

Era un buon lavoro ma non faceva per uno come Damo: lui non concepiva la musica così, quella era routine. Sempre le stesse note, sempre nello stesso modo, sempre uguali.

Così, appena poteva, se ne andava in strada e si esibiva in performance di canti, urla e balli torturando una povera chitarra.

«O pensieri mortali o vano errare degli uomini, che fanno essere a un tempo e la týche e gli dèi. Perché se c'è la týche, che bisogno c'è degli dèi? E se il potere è degli dèi, la týche non è più nulla.» (Euripide dall’”Ipsipile”)

La týche, il caso, la fortuna o come cavolo vuoi chiamarla. Che sia volere degli dei o sequenza non-lineare di accidenti, l’agire incomprensibile di una stronza bendata (e femmina….) o l’influsso planetario di Giove, alla fine, comunque la metti è sempre una questione di culo.

Perché mica lo puoi spiegare in un altro modo quello che successe.

Cioè che, mentre quel folletto giallo del nostro Damo urlava e saltava lungo un marciapiede dalle parti di un caffè di Monaco, in quello stesso caffè si trovassero Holger Czukay e Jaki Liebezeit, che si stavano domandando dove trovare uno che sostituisse Malcom Mooney, il cantante del loro gruppo (c’è qualcuno che non sa che sto parlando dei CAN?) a cui era partita la zucca e che se ne era tornato in USA, di punto in bianco, per ordine del suo strizzacervelli.

Cos’è il genio? Jaki ed Holger non ci pensarono due volte: presero quel limoncino esagitato e se lo portarono in concerto con loro.

Senza neanche provare.

Quello che verrà dopo è Storia della Musica del ‘900. Quattro capolavori straordinari (Soundtracks, Tago Mago, Ege Bamyasi, Future Days). Quattro dischi epocali. E poi concerti e performances abbaglianti. Musiche mai ascoltate prima, frutto di una libertà creativa e di una visionarietà sbilenca che non aveva - e che non ha ancora oggi – epigoni.

Insomma, se lo sai, che te lo dico a fare? E, se non lo sai, uno di noi due è – evidentemente – nel posto sbagliato.

E poi.

-Hai mai notato, caro Shaunderson, che i teschi ridono sempre? Ora, perché un uomo dovrà morire e poi ridere per l‘eternità? (“La gente mormora” op. cit.).

Io, davvero, non so perché ma quando penso a Damo non mi vengono in mente i sacri testi o le grandi Storie della Musica. Dovrei richiamare, che so, Debord (De Bore come dicono i ragazzacci del Luther Blisset) ed il situazionismo, ché pochi hanno incarnato l’ideale situazionista di un’Arte del cambiamento che sia l’espressione pura del cambiamento impossibile più dei CAN. O, magari, Braudillard o Deleuze.

Soprattutto dovrei citare il “lettrismo” ed Isidore Isou (movimento che ha visto muovere i primi passi pure a Debord): probabilmente Damo Suzuki è stato il più importante ed il più coerente esponente di quel movimento culturale e di quella forma di espressione poetica e verbale di cui, peraltro, il Nostro non aveva nessuna conoscenza.

No. Quando penso a Damo, chissà perché, mi viene sempre in mente questo piccolo film di Mankiewitz – “La gente mormora” – del ’51, che parla di un Ludwig “Noah” Praetorius, ginecologo, filosofo e musicista che va in giro con un non-morto e che – tranne che per la musica – non ha veramente nulla in comune col nostro Damo.

Forse sarà perché amo quel film e la sua affilatissima sceneggiatura, nonostante una certa morale pro-life ed antiabortista di fondo, (siamo pur sempre nel ’51!), ma, in realtà, molto più obliquo e deviante di quanto non possa apparire ad una prima, superficiale, visione, che ne parlo ogni volta che posso.

Ora, per tornare a noi, io dubito che, per quanto antiabortista, il ginecologo Praetorius potrebbe mai essere considerato un modello di comportamento per i ciellini o per i Testimoni di Geova.

Perché, infatti, a questo punto arrivano proprio i Testimoni di Geova. E l’amore.

-Sono innamorata di lei -Cosa glielo fa credere? -Non posso darle i sintomi: è amore non rosolia! (“La gente mormora” op. cit.)

Allora, Damo comincia ad essere stanco della vita da rockstar (!), cerca altro e, ad un certo punto, si innamora. Ma lei è una testimone di Geova.

Damo la segue.

E scompare. Inghiottito per più di 11 anni in un buco nero.

Però, lasciatemi dire, nessuno si è mai chiesto a cosa sia dovuto questo feeling tra i testimoni ed i cantanti bislacchi? Ma ve lo immaginate se David Thomas e Damo Suzuki si fossero trovati insieme ad intonare qualche Salmo domenicale che cosa ne sarebbe potuto venir fuori?

Io avrei anche potuto fingere di convertirmi pur di esserci!

E poi.

-Per il buon Dio, naturalmente, non mi pronuncio. Ma so qualcosa di Buona Madre Natura: a lasciar fare lei non resterebbe più un essere umano vivo. -Sarebbe a dire? -Voglio solo dire che, tra le altre cose, la Buona Madre Natura tenta di distruggerci periodicamente tramite malattie, pestilenze e disastri. Ecco perché la razza umana è in lotta contro la Buona Madre Natura da quando è divenuta razza umana. -Come sarebbe “è divenuta razza umana”? Insegna queste cose Lei? (“La gente mormora” op. cit.)

Infatti, più che il buon Dio, ci pensa la Buona Madre Natura a sparigliare le carte con un tumore.

Damo deve operarsi, ma non può ricevere trasfusioni di sangue, secondo la visione dei suoi confratelli. Così Damo comincia a farsi qualche domanda.

Ci vorranno più di sei mesi per guarire. Sei mesi senza poter camminare. Sei mesi a farsi domande, sei mesi che lasceranno un segno nel suo corpo e nella sua anima e, durante i quali il nostro folletto giallo capirà che l’unica cosa che ha sempre voluto e che continua a voler fare è camminare.

E così Damo si rimette in cammino.

E riprende a cantare.

Perché è quello che sa fare, e per girare il mondo bisogna pure trovare un modo per mantenersi. Ma lui non è più uno qualunque, non è più un busker, uno spiantato musicista di strada che raccoglie insulti e monetine dai passanti.

Lui è Damo Suzuki!

Si accorge che non è stato mica dimenticato, anzi! Il mito è cresciuto con gli anni, gente come John Lydon o Mark E. Smith (tipetti non certo teneri coi loro colleghi!) lo omaggiano come loro modello. Mark gli dedica pure una delle sue canzoni più belle: “I Am Damo Suzuki”.

Prima si unisce ad un gruppo tedesco, i Dunkelziffer (ci sono in giro, da qualche parte tre dischi loro, tanto belli quanto introvabili).

Poi decide che è stato fermo abbastanza e si inventa il “Network”

In pratica la cosa va così: basta che Damo dica “sto arrivando in tal posto” che i musicisti del luogo accorrano per suonare con lui, che le sale da concerto si aprano per lui e che ci sia un pubblico a vederlo. E mica solo le sale da concerto! Anche gallerie d’Arte, librerie, caffè letterari, università lo cercano, lo invitano a parlare, a suonare, a farsi intervistare, a fare quello che gli pare. Qualcuno lo filma, si girano documentari e video su di lui.

Quello che si stupisce di più è proprio Damo!

Questa cosa è ciò che lui la chiama il “Damo Suzuki’s Network” (o “Sound Carriers” – i portatori di suono! - in alcuni casi): il suo gruppo è il Mondo, il suo gruppo è composto da tutti i musicisti che, di volta in volta, vogliono venire a suonare con lui.

Senza provare.

Non è improvvisazione, lui la definisce “composizione creativa” e, cazzo, funziona! (Cioè, funziona quasi sempre….).

Se non avete la fortuna di riuscire a vederlo in concerto (è quella la dimensione ideale della sua musica) provate ad ascoltare uno dei dischi tratti da quelle performances.

Ad esempio questo “Sette Modi Per Salvare Roma”, frutto di un concerto romano del 2011, al Circolo degli artisti, accompagnato da Xabier Iorondo, Emanuel Agnelli, Enrico Gabrielli e Cristiano Calcagnile. Quello che ne viene fuori è un magma sonoro difforme e suadente; bislacco ma non caotico come ci si aspetterebbe, su cui troneggia “quella” voce che, chi ha amato visceralmente - come me - i CAN, conosce in tutte le sue sfumature. Certo non è musica per tutte le occasioni ma è una bella shakerata per la mente.

Ed, ancora oggi, il nostro Damo, mentre si avvicina alle settanta primavere continua a camminare, con qualche difficoltà, ma senza mai fermarsi.

Una volta è anche arrivato nel deserto del Sahara.

E si è perso.

Fu solo per un colpo di culo che passassero di là due tizi che se lo caricarono in macchina senza, di certo, sapere chi fosse.

Ma come si fa a non volergli bene?

-Sono tutte donne le sue pazienti dottor Praetorius? E sono tutte innamorate di Lei? (“La gente mormora”)

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