On air with: Dan Deacon, un simpatico omone pieno di agitazioni esistenziali. La sua arte musicale è trasformista e convulsiva. Egli (Dan) si pone domande grevi sul perché siamo esseri diversamente intelligenti oppure calca quella ch’è la sua ossessione: la morte, la fragilità della vita, la nullità dell’esistenza. Ogni tanto contrappone quest’ottimismo all’intensità del momento vissuto, quasi a voler prendere coscienza del fatto che prendiamo raramente coscienza di ciò che ci accade attorno.
Prendo Sat By a Tree ad esempio, primo singolo estratto da questa sua nuova fatica. Troviamo l’ingrediente principale: l’esistenza priva di significato e la fugacità del vivere ma anche una certa osservazione partecipante dell’attimo cosciente come anticamera della riflessione profonda. Riformulo meglio così capisco. Praticamente Dan siede accanto ad un albero, l’universo attorno a lui si espande e lui non può fare a meno di pensare a quanto la vita sia breve.
Fresco mai banale è impregnato con un senso d’urgenza di abbracciare il circostante invece il secondo singolo: Become a Mountain. Pezzo esclusivamente tastieristico, con arpeggi che creano atmosfere eteree e nebulizzate. Significativo contrasto tra il piano nevrotico e il cantato sommesso e calmo.
L’album è variegato, il musicista di Baltimora è uno spirito libero, mischia psichedelia a classica minimalista, non dà riferimenti e neppure io li darò, che di elettronica non capisco una mazza.
Come in un’esplorazione sonnambula di una realtà priva di senso, i giorni passano pigri nelle similitudini e Dan s’è fracassato: cerca negli elementi naturali e in un certo romanticismo la salvezza. La composizione migliore per il sottoscritto è Weeping Birch, l’intreccio scheletrico dei synth rimanda a qualcosa di più alto, inafferrabile per il comune mortale. Il crescendo finale è polvere cosmica che entra a contatto con l’atmosfera.
Lunga vita a chi fatica a vivere.
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