Ha malkat ha pop shel Israel ze hazar.
La regina del pop d'Israele è tornata. E l'ha fatto in grande stile. Dopo il flop del 2002 con 'HaChalom HaEfshari' (Il Sogno Possibile), lavoro discreto ma accolto freddamente dal pubblico, un cdbox e diverse collaborazioni con vari dj per lo più israeliani, inglesi e americani, Dana International torna alla carica con un album tutto nuovo: 12 canzoni inedite e 2 remix per riprendere il suo posto di regina del pop israeliano.
Dopo il divorzio dal suo scopritore e mèntore per tutti gli anni Novanta Ofer Nissim, Dana si dimostrò perfettamente in grado di produrre musica da sola: "Yoter Ve-Yoter" (2001) rimane, a mio parere, il suo lavoro migliore, nel quale si distaccava dalla pompatissima dance, dagli urletti e dall'ambiguità che la contraddistinse per tutta la prima parte della sua carriera. Si dimostrò in grado di esplorare nuovi generi, di cantare anche accorate ballate e di creare musica da sola. Era maturata. E con "HaKol Ze LeTova" ('è tutto per il bene'), Dana dà conferma di ciò. Per la prima volta firma quasi tutte le canzoni nel testo e diverse anche nella musica. Il disco si apre proprio con la title-track, una canzone dai ritmi dolci nella quale Dana incoraggia un'ipotetica persona che ha da poco vissuto una delusione d'amore. "Ora non te ne accorgi perché da dietro le lacrime non si vede bene, ma questa separazione è per il tuo bene", dice. Una canzone ben strutturata, ben cantata. Non è il pezzo migliore dell'album, ma una buona apertura sicuramente. Segue 'Yom Huledet' (compleanno), dai sapori elettronici e dai suoni malinconici.
Il terzo pezzo è uno dei più significativi dell'opera: "BeReshit" (dal titolo ebraico del libro della Genesi della Torah/Antico Testamento) ha tutto il sapore dei motivi degli ebrei ashkenaziti polacchi, lituani e ucraini, rivisti e corretti in chiave pop-dance. Il testo è simpatico e significativo ad un tempo. Dana si cala nei panni di un'ipotetica prima donna (non chiarendo se si riferisca a Chavah (Eva) o a Lilìth, che nella cultura ebraica è la prima moglie di adamo, poi tramutata in demone perché ribelle), che canta un elogio ad Elohim (Dio) per il suo mirabile lavoro: Eden e il mondo sono bellissimi, tutti gli esseri viventi vivono in armonia, ancora non è stato inventato il peccato. L'unico errore che Dana/Eva/Lilìth rimprovera a Dio è proprio quello di aver creato l'uomo che, con la sua avidità, ha rovinato tutto. 'Yallah Balagan', dal titolo in arabo (traducibile con un'espressione tipo 'andiamo, facciamo casino'), in cui la cantante esorta i giovani, siano essi arabi o ebrei a lasciar da parte i problemi e le differenze e divertirsi tutti assieme. Il pezzo è strutturato con delle campionature di archi tipicamente arabeggianti e fiati tipicamente ebraici, proprio ad indicare un punto d'incontro tra le due culture.
'Seret Hodi', 'film indiano', è l'unico duetto dell'album, con Idan Yaniv. Il video è una gustosa parodia dei film indiani, appunto, in cui Dana è 'la bella' promessa sposa di un vecchio e grasso marajah ma che ama segretamente il giovane e prestante di turno, interpretato manco a dirlo da Yaniv. Il pezzo più rappresentativo dell'album è però 'Love Boy', col solo titolo in inglese ma interamente cantata in ebraico. È una dance vagamente anni Settanta divertente e orecchiabile in cui Dana parla dei giovani 'escort': fino a pochi anni fa esistevano solo le donne oggetto, ma oggi per una donna è possibile diventare la 'padrona' e rendere l'uomo un 'oggetto'. Il video è molto ironico e divertente. Con questa canzone e il suo video Dana ribadisce il suo ruolo di icona gay (se mai ce ne fosse bisogno). Dopodichè arriva 'At Muchana?' ('sei pronta?') in cui Dana lamenta l'atteggiamento dei media nei suoi confronti, le varie critiche, le falsità sul suo conto apparse nei giornali israeliani e non. Insomma, il classico testo della diva stanca dei paparazzi. La novità è, però, il sapore ibrido tra rock e pop: la cantante non aveva infatti mai esplorato questo genere musicale e in questo pezzo lo fa timidamente, introducendo chitarre elettriche e ritmi aggressivi a quello che è il terreno che meglio conosce: la pop-dance. L'operazione riesce con successo perché il pezzo è piacevole e ben costruito.
Segue qualche pezzo dance ('Ata Memagnet Oti' e 'Eyfo Halev') in cui, sebbene infinitamente cresciuta e meglio strutturata, torna la vecchia Dana discotecara e due ballate: 'Yom Acher' e 'Khorbot HaAhava', forse uno dei pezzi migliori di tutto l'album, che si chiude coi due remix di 'HaKol Ze LeTova' e di 'Love Boy'. Nel cd sono compresi anche due video: quello di 'Love Boy' e di 'Lola', del 2004, singolo uscito quando Dana fece da testimonial per la Londa, casa di cosmetici tedesca. Nel complesso l'album è buono: avanti anni luce rispetto a quelli pubblicati negli anni Novanta, il che conferma la sua crescita artistica. Purtroppo, però, a mio parere non all'altezza di 'Yoter Ve-Yoter'. La differenza è minima, ma l'album del 2001 è leggermente più accurato. Il ritorno alla dance più pompata (sebbene ben fatta e qualitativamente infinitamente migliore rispetto a quella prodotta con Nissim) rappresenta per me un piccolo passo indietro. Per questo assegno quattro stelle a quest'album anziché le cinque che diedi a 'Yoter Ve-Yoter'.
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