Daniel Blumberg (classe 1990!) è la nuova stellina (annunciata) della scena alternative rock cantautoriale Made In UK. A parte tutta una serie di pubblicazioni minori uscite negli ultimi anni, Daniel vanta già collaborazioni con nomi importanti come Low, Silver Jews, Lambchop, Neil Hagerty, Jad Fair, Norman Blake e che gli sono valse un contratto con la Mute Records e la produzione del primo LP da parte di Peter Walsh, producer che tra le altre cose sarebbe il braccio destro di Scott Walker. "Minus" è stato pubblicato lo scorso 4 maggio e ha subito ricevuto una discreta attenzione da parte della critica a tutti i livelli: il ragazzo è stato subito accostato a figure sofferte come Elliott Smith, Mark Linkous aka Sparklehorse, Micah P. Hinson oppure Keaton Henson.
Qualche somiglianza del resto ci può stare, perché no, magari con Mark Linkous per quello che riguarda determinati arrangiamenti che in qualche modo escono fuori dai canoni del songwriting classico tipo il tono stridente del violino nella title-track, "The Fuse" (accompagnata pure dal sound di una tipica armonica "dylaniata") oppure "Stacked" con delle punte di istrionismo che potrebbero ricordare in misura chiaramente moderata quell'istrionismo Warren Ellis e che chiaramente è diventato un punto di riferimento universale. Altrove lo vediamo alle prese con un songwriting più classico come il pianoforte soporifero di "The Bomb", mentre sono sicuramente più interessanti i dodici minuti di "Madder", poi "Permanent", "Used To Be Older" dove (in questo ultimo caso specifico in particolare) quella disperazione insopportabile Micah P. Hinson viene compensata da un utilizzo interessante del suono delle chitarre elettriche che creano piacevoli intersezioni noise terroristiche dando forse un senso a questa emotività esasperata.
Alla fine è un bel disco, Daniel è sicuramente uno scrittore talentuoso e un buon musicista, ma la sua scrittura e il suo stile sono in qualche maniera adolescenziali e molto poco convincenti. Si sente che c'è qualche cosa che non va e viene da dubitare della sincerità dei suoi contenuti. Oppure, non lo so, forse sono io che sono troppo vecchio.
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