Oltre 70 minuti di un suono fatto da mille ingredienti dall'elettronica al soul, qualche escursione nel funk e free jazz, ma tutto in salsa dub trip hip hop.
Non avete capito niente? Beh nemmeno io dopo diversi anni che ho questo disco..
Di solito la composizione di una recensione è fatta dal mittente verso il destinatario, ovvero si vuole mettere a conoscenza più persone possibili della struttura di un dato album o delle nostre opinioni in merito, sia per consigliare o meno l'acquisto, sia per confrontare idee con coloro che già conoscono il disco o gruppo in questione. In questo caso professo una rivoluzione copernicana e chiedo a tutti: aiutate il recensore a capire questo album!
Gli albori della critica e della cronaca sono tutti per Daniel Givens, disco dell'anno 2000 per tante riviste, miglior premio alla sperimentazione in dub per tanti magazine, free form di qualità e affascinante percorso nel mondo metropolitano secondo altri.. come posso non comprarlo? Addirittura data la difficile reperibilità del prodotto, procedo direttamente ad un acquisto al buio e...
Il legame con la città natale Chicago si sente nella vicinanza con la scena del giro Tortoise, basti sapere che in alcune tracce del disco suona la chitarra un loro membro, Jeff Parker, ma i Tortoise non sono certo vicini a queste sonorità..difficile da descrivere un suono simile, per il suo essere eterogeneo, a partire dall'iniziale drum machine di "Allies" che sembra inciampare da un momento all'altro per poi sparire senza lasciare una particolare sensazione.
Ci sono momenti del disco in cui ho la netta sensazione di essere davanti a un capolavoro senza tempo, di essere davanti a un simbolo del suono dei giorni nostri dove l'ispirazione regna sovrana, ma in altri momenti sono smarrito dal non-sense di questa babele di suoni giustapposti; da più parti si grida al nuovo Sun Ra ma a volte a me sembra soltanto un Tricky più confuso.
Si prenda come paradigma di tutto il disco "Acknowledgement (In 3 Parts)" che, con i suoi complessi 18 minuti, lascia a bocca aperta lo spettatore..dubbi reali tra genio e stupore, tra noia e spunti ispiratissimi. Notevole la costruzione con tutti gli spoken words sparsi nell'album come in "No Visible Colors" tra sussurri e vociare indistinto, ma anche flauti e violoncelli presenti a sorpresa senza apparente legame. "Eclipse" torna a dar vita alle speranze di inquadrare queste note in uno splendido affresco del mondo odierno, la ritengo il punto da dove partire per pensare positivo su questo cd, ma poi mi perdo nuovamente.
Forse sono io che sono lontano dall'esser un DJ nero nella grande Chicago, forse le nostre radici sono troppo distanti, forse non ho 70 minuti da dedicargli in una giornata, forse rappresenta il disco della vita, ma forse no..
Ci sono giorni che mi trovo predisposto al giusto ascolto di "Age", volenteroso fino alla prima metà, entusiasta a tratti e infine smarrito, colto dal dubbio che possa essere solo un grande montaggio critico o il disco giusto al momento giusto per tante persone che lo aspettavano senza sapere cosa realmente volessero.
Per questo ribalto il piano della recensione, racconto le mie opinioni a cuore aperto come se fosse un dibattito e non credo nemmeno si possa avere una precisa idea in merito, diffidate da coloro che inneggiano al miglior disco degli anni zero perchè cercano solo di fare i brillanti e stupirvi, diffidate anche da coloro che lo cestinano, perchè sarebbe almeno ingeneroso, ma non difficate di chi ve ne ha parlato a cuore aperto, solo così capirete chi lo ha scoltato.
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