Un disco che fa simpatia e rimane impresso nella memoria, nonostante sia tutt'altro che perfetto ma ha la freschezza di tutti gli album di esordio, o del classico demo che poi suona meglio dell'album.

Daniele Castellani da Scandiano, in provincia di Reggio Emilia però non è affatto un esordiente ed ha all'attivo diversi progetti sia di musica originale sia come cover band, ma in questo primo lavoro è riuscito in una piccola impresa, quella di essere personale, e, cosa non da poco, anche originale.

Poco importa se ci sono poi dei momenti ancora non perfettamente a fuoco, nell'iniziale “Oslo”, per esempio, si fatica un po' a comprendere il significato del testo, ma la musica invece è davvero travolgente, nella tradizione dei cantautori rock italiani, da Ivan Graziani ad Alberto Fortis o ancora il primo Eugenio Finardi e dopo qualche ascolto ci si ritrova a cantare parole in apparenza assurde, che poi è quello che molti hanno fatto in epoca pre internet con i brani inglesi o americani, cercando di decifrare il testo.

“Canzon D'Amore Sul Lastrico” mostra una grande dote di Castellani, quella di compositore e arrangiatore, che riesce a risaltare anche in un lavoro autoprodotto, in cui però c'è una grandissima cura per il dettaglio e anche come chitarrista ha doti notevoli: non da fenomeno ipertecnico ma da creativo, al servizio della canzone.

In “Arrivederci Emilia” uno dei momenti musicali più toccanti, un intro e una strofa dall'incedere reggae, e poi uno stacco che introduce il ritornello da vero maestro, che fa perdonare le rime “città/pubblicità” o “mar/bar”, un po' elementari.

Il rock è una presenza costante nella musica di Castellani, sia nei riff di chitarra, nei ritmi di batteria, quadrati ma con la giusta dinamica, in “Fantastici Poemi” o ancora nella conclusiva “Maledetti Posters”, dove si citano i Nirvana, i ricordi di un'adolescenza in cui i poster in camera erano più forti di qualunque simbolo.

“Fredda è la notte” è un brano dalle sonorità country, con chitarre slide, anche qui si parla di bar, altra parola e altro luogo che ricorre spesso nel disco, e per finire una citazione anche per lo strumentale “Snowland”, disco funk minimale, quasi alla Daft Punk, che sembra non avere niente a che fare con il resto del disco ma se si entra meglio nell'idea e nel mondo del cantautore emiliano ci si rende conto che anche questo c'entra e che in fondo la sua è una fotografia della sua realtà, del suo mondo, con estrema libertà.

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