Nel mondo del rock italiano dominato dalla banalità, il cantautore trentino Daniele Groff rappresenta sicuramente un'eccezione.  Forse non brilla per originalità compositiva, però in questo album si riscontra, a mio avviso, una coerenza espressiva difficilmente riscontrabile nelle opere degli artisti italiani.

Sicuramente aiutato dalle capacità tecniche acquisite durante gli studi al conservatorio, Groff è in grado di produrre un sound orecchiabile e molto british. E' innegabile come al primo ascolto questo disco rimandi alle sonorità tanto care ai fratelli Gallagher di Manchester (alias Oasis). Chiara l'affinità, ad esempio, di "Dove Sei Stata" con l'oasisiana "All Around The World".

Musicalmente, tutti i pezzi si reggono su muri di chitarre che accarezzano l'orecchio dell'ascoltatore, i testi sfiorano spesso il non-sense  e rappresentano un po'il punto debole dell'album dato che talvolta sprofondano nella banalità.

I pezzi più significativi sono il tormentone radiofonico "Daisy" e l'ego-trip "Io Sono Io" (ma quanto mi ricorda "Some Might Say"...). Degni di nota anche l'acustica "Everyday" e la filastrocca easy-listening "Lamerica".

In definitiva non un capolavoro, ma un più che discreto album d'esordio per il rocker subalpino, che purtroppo si è poi un po' perso tra le pieghe difficilmente dipanabili di una carriera piuttosto inestricabile.

Spesso il confine tra il successo e il limbo dell'anonimato è sottile e di difficile comprensione 

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