C'era una volta "Satyricon", un bel programmino satirico in onda sulla Rai. Bè, ora non c'è più. C'era una volta Daniele Luttazzi, un satirico pungente, secco, diretto, che lavorava in tv. Bè, è da un pò che ormai (per cause di forza maggiore) non vi lavora più. C'era una volta Daniele Lutazzi, un brillante e satirico giornalista, che curava una rubrica nelle ultime pagine di Rolling Stone. Non si sa perchè, ma non scrive più su quel mensile. C'era una volta sempre Daniele Luttazzi, ma questa volta il Luttazzi musicista, quello che in pochi conoscono. Bè, per fortuna lui c'è, eccome se c'è.
Questo signor Luttazzi, da parecchi anni di professione comico-satirico, quando era giovincello, negli anni '70, studiava all'Università e suonava in un gruppo. Il suo genere? Swing, pop, jazz, funk. Tutto questo è quello che si ritrova nel suo esordio discografico datato 2005, "Money For Dope". Nel complesso, il disco a tratti ha un suono molto "Broadway" (che, diciamocela tutta, a me non fa assolutamente impazzire). La sua intenzione era quella di creare un "musical elegiaco", come scritto nel booklet del disco. E l'intenzione è stata rispettata in pieno. Nel disco sin trova un pò di tutto. L'idea di base è quella di uno swing jazzato di particolare allegria ("Vienna, Vienna", "Easy To Be Fooled") misto a pop di qualità ("Silence", "Letters On Fire", che ha un impianto chitarristico niente male, con effetti finali decisamente psichedelici), molto adatto per una rappresentazione teatrale. Intorno a questa idea girano jazz, pop, funk, rock. "I can't stand it" mischia jazz, rock e funk in una miscela esplosiva e coinvolgente, con cori che ci mandano decisamente a una Chicago anni '30 (che non è poi così lontana dalla casa di Luttazzi). Questo è forse il neo del disco, e cioè aver voluto rappresentare un musical in un cd, cosa non facile (ma ben riuscita, bisogna ammetterlo).
Insomma, un bel minestrone musicale al quale bisogna dare almeno un ascolto (pardon, un assaggio...). Non è un capolavoro, ma comunque un qualcosa di innovativo per questo periodo. L'apice del disco si raggiunge con la title-track (che chiude il disco) "Money For Dope", una dolcissima, tristissima e malinconica ballata di cinque minuti basata quasi interamente su piano, archi e basso. Fu scritta nel 1979 per una carissima amica del buon Daniele che morì per overdose di eroina. In quel momento, per Luttazzi cambiò moltissimo, e quello che provò si può intuire dal momento in cui si ascolta questo bellissimo episodio. I brividi sono assicurati. Se il disco fosse stato tutto sulla falsariga di quest'ultimo brano, di "Silence" oppure di "Letters On Fire", le 5 stelle se le sarebbe assicurate. Interamente cantato in inglese, l'album contiene tracce che sono al di sotto del valore del disco, come "Something Fantastic" e "Guard My Tongue" (sarà, ma lo swing alla Frank Sinatra non è che mi vada a genio), utilizzate forse come riempitivo. Ma basta un semplicissimo e banale ascolto (anche distratto) alla struggente ed epica "Money For Dope" (che vale da sola l'intero disco) per maledire il momento in cui passano in tv "Un Senso" o "Cleptomania", e non "Money For Dope" (che comunque consoliamoci, va in onda su Brand:New)...
Per il momento accontentiamoci di ascoltarlo su cd. Chissà se un giorno potremo vedere di nuovo il suo bel faccione sorridente sullo schermo di una tv...
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