Dargen D'Amico è senza dubbio la penna migliore della scena rap (e non solo) italiana. I suoi lavori solistici "Musica senza musicisti" e "Di vizi di forma virtù" sono due album che un ascoltatore di rap più mainstream, mirato sui classici cliché richieste dalle case discografiche, possa risultare musicalmente insipido; ma è su questo che Dargen crea il suo punto di forza, sia sul piano lirico che nel personaggio che si è cucito addosso, in grado anche di mettere a nudo i sentimenti più profondi del proprio animo. Ed è con questo "CD" (inizialmente nato come doppio EP) che questo lato viene catapultato letteralmente fuori, dal proprio cuore alla penna sul foglio. "CD" è il disco più romanticone, per certi versi si può dire il suo lavoro più "emo", come nel caso del simpaticone Kanye West, alludendo al disco "808 & Heartbreak".
"CD" di Dargen vive della Sindrome del disco di Kanye: è uno di quei dischi che entrano nel cuore, ma a molti che hanno amato il Dargen dei primi lavori potrà uscire dal culo. Come al solito le liriche sono ispirate e interessanti, sebbene il disco sia fondamentalmente quasi del tutto monotematico, più incentrato su storie d'amore, alcune liricamente ottime, altre un po' stucchevoli nel risultato; ma in fin dei conti si tratta sempre di Dargen, e gli si può perdonare tutto (quasi sempre). Tra gli episodi migliori non si può non citare la splendida "Malpensandoti", uno storytelling da brividi di una giornata tipo raccontata con assoluta naturalezza e ironia, in cui di mezzo c'è ovviamente l'AMMORE, fino a chiudersi con un prezioso ritornello "da stadio". Ad aiutare il tutto ci pensa anche la base, molto solare e positiva sebbene il messaggio dolceamaro in sottofondo. Degne di nota "Bere una cosa", "Perchè non sai mai (quel che ti capita)" e "Anche se il mondo ha", un brano che sembra non finire mai, ma che a fine ascolto lascia soddisfatti. Dargen ha pensato anche alle hit, logicamente, e quindi caccia fuori perle come "Odio volare", paradossalmente un volo ad occhi aperti, accompagnato dalla voce del talentuoso Daniel Vit (talento purtroppo scomparso), o "Van Damme", uno dei testi migliori del lavoro, che abbraccia sonorità italodisco, fino alla piacevole "Ma dove vai (Veronica)", con le sue deliziose sonorità caraibiche. La più riuscita è senza dubbio "Orga(ni)smo (Uni)cellulare", in cui Dargen trasporta l'ascoltatore dal sound elettronico ad una godibile hit reggae, con un pizzico di sapore indie nel ritornello. Testo geniale quanto la scelta del titolo. Sorprendente "Un Dio a parte", in cui il Dargen visionario e sperimentale di "Di vizi di forma virtù" torna a bussare alla porta, regalando frasi geniali come "tra il dire e il fare c'è di mezzo tradire le aspettative", insieme alla conclusiva "Gocce di cielo", in cui invece si fa un balzo di nuovo indietro fino a "Musica senza musicisti", sotto un beat astratto quasi proto-noise che avrebbe fatto andare a nozze Bjork, con a bordo un testo ipnotico nonsence. "Mi piacciono le donne", prodotta da Crookers, è l'episodio più "ignorante" del disco, che anticipa "Bocciofili" di qualche anno, seppur questa sia più cupa e grottesca, ma diverte grazie anche ad un testo completamente folle. Il capolavoro del disco a parer mio è "Briciole colorate" (oltre alla già citata "Malpensandoti"), un testo bipolare diviso in due spaccati di realtà lavorativa, accompagnata da un tappeto sonoro da soundtrack Hollywoodiana. Unica pecca è forse il finale un po' troppo dilungato, data dalla presenza di effetti vocali forse troppo ingombranti, scelta probabilmente voluta dallo stesso Dargen.
Le collaborazioni presenti all'interno del disco si difendono bene: abbiamo di nuovo gli "apostoli" del buon vecchio JD, ovvero i Two Fingerz, in ben tre tracce: la travolgente "In loop", accompagnata da un beat rockeggiante dal sapore Daft-Punk-iano ("Human after all" in primis), "Brano senza titolo", con un beat che sembra uscito (appunto) da uno dei primi dischi dei Two Fingerz, con la partecipazione di un Ghemon nel suo periodo migliore, che grazie al suo flow e carisma risulta il più memorabile all'interno del pezzo. Ma la miglior collaborazione è senza dubbio "Nessuno parla più (con nessuno)", una traccia che sembra ironicamente anticipare il telefilm "Black Mirror" nelle tematiche affrontate, in cui con un umorismo nero viene deflagrata la società odierna, influenzata dalla tecnologia, sostituendo luoghi comuni di tutti i giorni con termini informatici, sotto forma di doppi sensi surreali. Partecipa anche Fabri Fibra nell'epoca "Controcultura", ovvero fissato con i funambolismi e incastri metrici, che nonostante tutto fa una buona figura, oltre ad essere protagonista dell ritornello apocalittico stesso.
"CD" è la Tragedia Greca di Dargen D'Amico, il suo richiamo ai sentimenti umani, un disco che riesce a divertire grazie ai suoi beat freschi e interessanti nella loro sperimentazione (soprattutto gli ultimi due episodi), a commuovere grazie ad alcune ballate interessanti, mischiate ad altre che forse rischiano di cadere musicalmente un po' troppo nello smielato, ma che nonostante tutto fanno sì che il talento di scrittura innegabile di Dargen riesca ad arrivare a più palati, anche in territori lontani dai primi lavori sperimentali e più vicini ad un gusto populista. Fu una scelta che preoccupò i sequaci di Dargen all'epoca, ma tuttavia quest'ultimo ha scelto dalla sua posizione di non scendere troppo a compromessi e mantenere la sua arte (quasi) sempre indipencente nella sua coerenza, nonostante alcuni lavori a mio avviso minori che farà in futuro come "Vivere aiuta a non morire", in cui tanti difetti presenti in questo album arriveranno al pettine. Basta recuperare l'ultimo "Ondagranda" in collaborazione con Emiliano Pepe, per essere consapevoli dell'ottica dell'artista nella sua concezione artistica: Dargen D'Amico non segue una particolare moda musicale, ma il suo semplice e puro istinto.
Ma questa è un'altra storia...
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