Terzo film di Dario Argento, contraddistinto da una distribuzione del tutto lacunosa che ne ha impedito la circolazione nel mercato vhs e dvd, quasi mai trasmesso in tv, 'Quattro mosche di velluto grigio' (1971) risulta uno snodo importante nella carriera dell'allor giovane regista romano.
Riassumo sinteticamente la trama: batterista rock, pedinato da un misterioso individuo, lo uccide accidentalmente a seguito di un'aggressione. Qualcuno ha tuttavia fotografato la scena, cominciando a ricattare il giovane. Queste minacce sono il primo anello di una catena di violenze e morti destinata a concludersi tragicamente, dopo la scoperta dell'insospettabile colpevole e delle ragioni che lo spingono a delinquere.
Alcune considerazioni critiche sul film, da non leggere se non lo si è già visto, in quanto contenenti degli spoiler. Al pari di tutti i film di Argento, anche 'Quattro mosche di velluto grigio' è stato oggetto di ripetute valutazioni critiche che hanno messo in luce i più svariati aspetti dell'opera: nel complesso, il film non viene annoverato fra i capolavori del regista, vuoi per lo sviluppo non sempre convincente della trama, vuoi perché contraddistinto da una tensione inferiore agli altri film della stessa "Trilogia degli animali" ed infarcito di poco convincenti siparietti comici, vuoi perché surclassato dalla futura produzione dell'autore, culminata pochi anni dopo con il capolavoro 'Profondo Rosso'. Non del tutto convincenti, inoltre, gli attori, fatti salvi un'ottima Mimsy Farmer, dall'ambiguo fascino androgino, e le belle caratterizzazioni di Jean Pierre Marielle e Stefano Satta Flores. Poco espressivo il protagonista Michael Brandon e quantomeno fuori luogo i pur validi Bud Spencer e Oreste Lionello.
Le segnalate critiche nulla tolgono, tuttavia, al valore intrinseco della pellicola ed al suo interesse per gli appassionati del giallo all'italiana: il film viene infatti salvato, a mio avviso, dalle ottime location torinesi, da alcune articolate scene di suspence (omicidio al parco, omicidio nei bagni del metrò, svelamento delle "mosche", ralenty finale) e da un soggetto che, nel suo complesso, risulta molto più originale di altre storie portate in scena da Argento.
In 'Quattro mosche di velluto grigio', infatti, il protagonista non è un improvvisato detective mosso da personale curiosità, o dall'esigenza di ricomporre un frammento di verità percepito e perduto (come l'archetipo Sam Dalmas de "L'uccello dalle piume… ", l'enigmista Arnò de "Il gatto… " e lo stesso Marc Daly di "Profondo Rosso"), ma è egli stesso vittima braccata dagli eventi, mosso ad agire per svelare il disegno del misterioso assassino ed aver salva la propria vita. In tale prospettiva, egli agisce dunque in uno "stato di necessità" quasi ferino, risultando capace di violenze quasi analoghe a quelle del suo nemico. In questo film, quasi del tutto assente la polizia, il ruolo di detective spetta del resto a personaggi di contorno quali l'investigatore privato Arrosio ed il barbone Diomede.
In 'Quatto mosche', pertanto, assistiamo ad una prima embrionale assimilazione di vittima e carnefice, divisi da una sottile linea di confine, che può essere involontariamente valicata da chiunque ed in qualsiasi momento. Lo stesso protagonista appare, sotto tale profilo, caratterizzato da un'ambiguità morale di fondo: il suo temperamento artistico, il suo individualismo, il suo egoismo, lo contrappongono alla moglie; egli è portato a tradire la consorte senza apparenti rimorsi; è capace di violenza, anche se solo per difendersi, ed in ogni caso è avvezzo all'inganno. Il tutto si interseca con una personalità fondamentalmente immatura, che ha bisogno dell'appoggio di personaggi adulti (il barbone Diomede su tutti), per districarsi dai suoi problemi.
Il protagonista svela la sua debolezza anche nel duello finale che lo vede contrapposto al suo nemico: la sfida si risolve a suo favore solo per un caso fortuito, e la morte del "malvagio" di turno avviene non già per un suo intervento, diretto o indiretto, ma per una serie causale del tutto autonoma rispetto alla sua azione, originata dal caso, e, in concreto, dall'esigenza di concludere il film in maniera spettacolare. Anche in tale frangente, in ogni caso, egli si rivela del tutto inadatto a svolgere un ruolo attivo nella trama filmica, e per traslato nella sua stessa vita.
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