C'è un heavy metal sempre più legato agli schemi, sempre più chiuso in se stesso, che si limita ad andare sul sicuro ripetendo modelli consolidati o che cerca di raggiungere il successo, con ragionamenti, calcoli di base ed impostazioni tecniche che di artistico hanno ben poco.
E ci sono band come i Dark Quarterer che da oltre venti anni cercano soluzioni originali, interessanti, andando a scrivere pagine musicali ancora inedite, sia nella forma che nella sostanza. Questi artisti hanno trovato nella My Graveyard un partner molto affidabile e la loro ultima fatica targata "Symbols" arriva a consacrare definitivamente il momento di grazia che la band toscana sta vivendo. Siamo di fronte ad un disco di altissimo livello che band ben più famose avrebbero avuto difficoltà persino a concepire. Dobbiamo soltanto a loro questa stroncatura di elevata produttività: hanno pensato l'album, l'hanno scritto e realizzato dando forma ad un disco destinato a rimanere nella storia del metal di casa nostra. Non è del tutto vero affermare che sia un disco prettamente metal, però rispetto agli scorsi lavori, i nostri hanno messo in mostra elementi più legati al rock e al progressive, senza tralasciare e abbandonare del tutto la loro vena metallica.
"Symbols" si compone di sei lunghi brani, tra i nove ed i quindici minuti, dedicati esclusivamente a un personaggio che, nel corso della storia, ha segnato l'epoca in cui ha vissuto: Tutankhamon, Giulio Cesare, Giovanna d'Arco rappresentano i brani più significativi e memorabili di questo capolavoro. I Dark Quarterer si possono vantare del fatto di essere riusciti a conferire ad ognuno di essi un affresco sonoro, ricco di energia compositiva, zeppo di inventiva tecnica e ottimamente curati nelle molteplici atmosfere. I temi dei vari testi richiamano l'arcana maledizione del faraone egiziano, l'ascesa e la conseguente improvvisa caduta del dittatore romano, assistiamo alla fede totale della fanciulla d'Orleans che lotta sino all'ultimo e non si ferma neanche dinanzi al rogo. Ci troviamo a correre con lo schiavo fuggiasco, pronto a perdere tutto pur di salvare la propria pelle e ad ottenere la sua libertà, viviamo la ferocia determinata dal condottiero mongolo, assistiamo alla caduta dell'indomito capo Apache, fermato solo dal tradimento di quella che si definiva una civiltà superiore...
E' incredibile come i Dark Quarterer riescano a ricreare le sonorità perfette per definire nel migliore dei modi ogni singolo brano, come in un'ipotetica colonna sonora, epica e descrittiva, sognante ed aggressiva, allo stesso tempo metallica e melodica. Un altro pregio di ottima fattura è dato dalla sua immediatezza: sei canzoni per settanta minuti di lunghezza, nelle quali non ci si troverà mai a guardare insistentemente l'orologio attendendo che finisca al più presto. Ogni passaggio è stato messo lì perchè hanno ritenuto opportuno che bisognava procedere in quel determinato modo, ogni momento risulta dunque funzionale al brano che lo contiene, senza risultare troppo ostico all'ascolto.
Mi sento in dovere di consigliare questo lavoro ad una cerchia ben più vasta e che non comprenda solo ed esclusivamente i veri appassionati di epic/progressive metal ma anche a tutti coloro che sapranno amare la creatività musicale sviluppata in un paese come il nostro.
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