Amanti del metal italiano, e amanti del metal in generale, fate questo disco vostro, non importa come, ma fatelo vostro; il lavoro di cui sto parlando è l’ultimo, in ordine cronologico, dei nostri Dark Quarterer, combo formatosi a Piombino, provincia di Livorno, nel lontanissimo 1974, dedito a un progressive metal estremamente epico ed oscuro nel quale convivono elementi doom e parti più classicheggianti, ispirate a bands quali Iron Maiden & Co.
“Violence”, questo il nome del platter in esame, segna il ritorno della band sulle scene, dopo un silenzio durato ben otto anni dal precedente “War Tears” (album in cui la vena epic del gruppo uscì fuori come mai prima d’allora), e si mostra da subito decisamente più diretto e meno elaborato a livello strumentale rispetto ai dischi del passato, pur mantenendo quelle coordinate tipiche del sound dei D.Q., che fanno si che “Violence” e risulti riconoscibile già dal primo ascolto, anche a delle orecchie che conoscono la musica prodotta dai nostri in maniera sommaria.
Nonostante il lavoro in fase di composizione delle musiche risulti dunque semplificato, i nostri sembrano ispiratissimi e riescono a tirare fuori dal cilindro sei tracks di grande fascino e nel quale tutto il loro carisma viene fuori; si susseguiranno durante tutto il full lenght melodie sabbathiane come nell’opener “Black Hole”, nelle quali si avvertono addirittura delle eco degli ultimi Bathory, specie nei cori che sembrano direttamente presi dagli ultimi due “Nordland”, il tutto naturalmente calato in una visuale più heavy e meno viking.
La successiva “Deep Wake”, pur risultando una canzone estremamente compatta e quadrata, ci mostra il lato più melodico, essendo dotata di riffs di basso e chitarra decisamente più prog-oriented, e con un lavoro di batteria davvero di primo piano; facciamo poi un salto nel passato con la terza “Last Breath”, aperta da un arpeggio di chitarra classica che funge da accompagno al flauto, che ci portano con la mente negli anni ’70 nei quali il progressive teneva in pugno le scene musicali (le reminescenze dei Jethro Tull si fanno pesanti e si ripresenteranno poi “Last Song”), per poi tornare a calpestare territori quasi doom, marcati ancor di più dall’interpretazione di un Gianni Nepi, alla voce, davvero superbo. La quarta track, “Calls”, si presenta totalmente acustica, con una chitarra sullo sfondo che sostiene la voce, questa volta più teatrale nell’interpretazione, del cantante che si dimostra a suo agio sia nelle parti più basse, sia nelle vette vocali in cui le note salgono. Un buon preludio alla successiva “Rape”, un pezzo di technical thrash, che alterna momenti tirati (che potrebbero ricordare un ideale punto di incontro tra i primi Megadeth e i Watchtower, con un pizzico di epicità tanto per rendere il tutto più drammatico) ad altri più riflessivi in cui i tempi ritmici si dilatano e in cui la voce diventa più sofferta, il tutto sorretto da una base melodica di prim’ordine, con solos pirotecnici di chitarra, che pur essendo ricchi di distorsioni e passaggi rapidi, non risultano mai eccessivi o fini a se stessi.
Dolci note di flauto con un sottofondo di vento aprono invece l’ultima “Last Song”, un episodio di grande impatto emotivo, in cui convivono momenti estremamente sofferti musicalmente, in cui si alternano arpeggi di chitarra che rendono l’atmosfera ancora più cupa, ad altri più vicini ad un certo progressive metal di derivazione dream-theateriana, ma rielaborati in maniera estremamente personali e spogliati di tutti quegli eccessi tanto cari alla band americana.
Concludere la recensione senza fare un ringraziamento sentito ai Dark Quarterer non sarebbe corretto, poiché ancora una volta sono riusciti a donarci un prodotto di gran classe in cui convivono in perfetto equilibrio melodia, emozioni e prestazioni tecniche da urlo; il disco è inoltre supportato da una registrazione che, per la prima volta, raggiunge risultati quanto meno dignitosi a differenza di quanto avvenuto nel passato di questa gloria tutta italiana.
Non fatevi scappare questo platter e anzi visto che siamo a Natale, potrebbe essere un buon regalo per voi e per l’amico metallaro di turno.
BUONE FESTE.
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