Il lato oscuro di "The Gallery".
In estrema sintesi si potrebbe così riassumere questo "The Mind's I", terzo full lenght rilasciato per la francese Osmose con il quale i cinque svedesi, prima di tramutarsi in sestetto operare una svolta stilistica nel proprio sound, cercano di bissare il successo riscosso dal già citato "The Gallery", ancora oggi da annoverare tra i masterpiece dell'allora nascente Gothenburg sound.
Chi si aspettava un "The Gallery 2" resterà tuttavia deluso: se infatti da un lato permangono le coordinate stilistiche del genere che loro stessi hanno contribuito a plasmare, dall'altro in quest'occasione i nostri mostrano di predligere un approccio molto più scarno e "in your face" rispetto alla grandeur e a lla varietà compositiva che aveva caratterizzato il precedente platter.
Nascono così canzoni dirette e potentissime come "Zodijackyl Light" o "Hedon" (a cui prende parte anche Anders Friden dei cugini In Flames) in cui la batteria di Jivarp detta i tempi (velocissimi) sui quali le chitarre di Sundin e Johansson macinano riff al limite del thrash e Stanne vomita la sua rabbia racchiusa in testi come sempre tutt'altro che immediati.
Sulle stesse coordinate si muovono anche le tiratissime "Scythe, Rage and Roses" e "Dissolution Factor Red" (quattro minuti di durata in due), nel mezzo delle quali si trova la più dilatata "Constant", caratterizzata da atmosfere vicine a quelle che avevano fatto la fortuna del precedente album.
Qualche richiamo al passato recente della band è ravvisabile anche nella successiva e suggestiva "Insanity's Crescendo": introdotta da delicati vocalizzi femminili e da un ottimo arpeggio, la settima traccia si sviluppa secondo un climax emotivo e musicale che raggiunge il suo apice nelle urla davvero catartiche di uno Stanne mai così ispirato, accompagnate da un riffing che ci riporta ai fasti di "Punish My Heaven" e "Lethe".
Si torna poi a premere sull'acceleratore con "Atom Heart 243.5" in cui il biondo singer sfoggia una prova vocale maiuscola, ben supportato dal resto della band che viaggia compatta come un treno ad altissima velocità, almeno fino al rallentamento ritmico di "Tidal Tantrum" che ci regala un attimo di quiete prima che tornia a scatenarsi la tempesta sonora di "Tongues".
La title-track strumentale chiude in bellezza un disco che, soprattutto se paragonato al suo illustre predecessore, risulta per certi versi controverso in virtù di una formula compositiva eccessivamente votata all'aggressività a scapito della raffinatezza melodica, raffinatezza che non a caso la band stessa tornerà a seguire a partire dal successivo, e altrettanto discusso, "Projector".
Nonostante tutto comunque "The Mind's I" merita ancora oggi di essere (ri)scoperto dai fan vecchi e nuovi della band, in virtù di un lotto di canzoni davvero valide avvolte in una patina dal fascino oscuro, grazie anche ad un artwork particolarmente ispirato (non a caso realizzato con fotocamere HASSELBLAD, ovvero quanto di più lontano rispetto alla computer graphic che farà la fortuna della Cabin Fever di Sundin negli anni a venire) e alla sempre valida produzione dei rinomati Fredman Studios, vera e propria fucina di capolavori dello Swedish Death.
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