Furia nichilista, serpeggianti suoni di arcana memoria.

Un senso di "antico" dolore fluisce attraverso macabre note, ora lente ed ossessive ora velocemente brutali e barbariche. Voci assurde, rantolanti un pessimismo accecante, vibranti armonie distorte che tagliano l'aria celebrando il culto del vuoto, del niente, dell'assolutismo negativo. Il canto del veleno, l'inno sulfureo all'isolamento ed alla riscoperta dell'Io, cosi' pietosamente abbandonato da secoli di perpetrate nostalgie ed illusioni.

Il ritorno dei misantropici norvegesi dopo tre anni di silenzio si celebra con questa gelida creatura al nome di "Ravishing Grimness", celebrazione sonica di un cambiamento stilistico nella proposta dei nostri ma fervidamente ancorata agli odiati/amati patterns che li resero famosi. L'"eerie sound" mugghia venefico nella track d'apertura "Lifeless", lenta cavalcata fra cascate di liquide chitarre, le cui ignobilmente malvage melodie vengono "narrate" dal vetriolo sputato dall'ugola dell'arcinoto Nocturno Culto. Il finale si arricchisce di accelerazioni assassine ed un liricismo senza traccia di speranza alcuna..
Micidiale l'anthem della rapida ed "urgente" "The Beast" reminiscente putrescenti memorie di stampo Celtic Frost prima maniera, drumming lanciato verso l'oblio piu'nero ed incandescenti grida di vomitato terrore contornano questo delirio di odiosa bestialita'. Pachidermica e soffocante nel riffing introduttivo "The claws of time" martorizza con un incedere malinconico, l'inno nostalgico di eremiti persi in foreste senza tempo. Melodie agghiaccianti la rendono unica e trascinante.

Tremende, "sinfonicamente" brutali, sono "Across the vacuum" e "Ravishing grimness" dove riffs veloci e abrasivi si scontrano con l'incedere devastante della batteria di un Fenriz perfetto, abilissimo nel giostrare i tempi conferendo allo strumento il tipico suono "black" che lo ha reso immortale. La produzione si fa' lentamente piu' nitida e concede l'opportunita' di meglio apprezzare le qualita'del duo senza comunque tralasciare la graffiante ruvidezza tipicamente norvegese.
Chiusura letale affidata al furente assalto black-thrash di "To the death(under the king)", che richiama il passato morboso dei Darkthrone e lo unsice alla furia "garage" dei primi Bathory. Temibile il latrato del singer, l'urlo di una strega indemoniata, disperamente sfuggente tra boschi solitari.

Il ritorno delle icone del metal piu' misantropico, destinato ad aprire una nuova era di lavori ispiratissimi ma ancorati "nostalgicamente" al glorioso passato. Velenoso e glaciale "Ravishing grimness" incarna il furore di sferzanti tormente di neve senza fine.

Abbiatene timore.

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