Per il quarto episodio de "Alla scoperta del Death Metal dimenticato" vi presenterò il figlio illegittimo de Darkthrone (o forse dovrei chiamarli Black Death… ?).
Sì, avete capito bene un figlio non riconosciuto da Feinriz e Nocturno Culto, un figlio che è una macchia nella loro carriera, un figlio scomodo, segno di un alto tradimento. Pensate che c'era un periodo (dal 1986 al 1991) in cui i Darkthorne erano in quattro e non in due. E pensate che c'era un periodo (sempre dal 1986 al 1990) in cui i Darkthrone, come molti altri, non sapevano nemmeno cosa fosse il Black Metal: eppure stiamo proprio parlando di quei Darkthrone che sono considerati tra i massimi esponenti/inventori del genere e che hanno alle spalle più di dieci album di puro Black Metal. Come mai? Beh, i nostri iniziarono a suonare nel lontano 1986 sotto il nome, per l'appunto, di Black Death e la loro proposta era un proto Death Metal accostabile a quello dei Mayhem di "Deathcrush". Tuttavia nel 1990 pubblicarono per la Peaceville Records questo "Soulside Journey" che di "proto" non ha più nulla; "Soulside Journey" E' Death Metal. Dirò di peggio, è un Death scolastico, con tutti le cose a posto per essere chiamato appunto Death metal; tuttavia non va dimenticato che lo pubblicarono nel 1990, vale a dire quando anche questo genere era appena un abbozzo quindi possiamo metterli tra i padri del Death o, per non esagerare, almeno tra i primi ad aderirvi. Una vera vergogna per i due norvegesi i quali, a partire dal successivo "A Blaze In The Northern Sky", cambieranno pelle e cercheranno di nascondere il loro passato con masterpiece del Black del calibro di "Under A Funeral Moon" e "Transylvanian Hunger".
Niente minimalismo sonoro quindi, anzi, una tecnica abbastanza buona (qualità che non va a braccetto con un certo tipo di Black) e, soprattutto, composizioni articolate e non ripetitive; detto questo, tutto è possibile quindi non stupitevi se vedrete ruote quadrate.
Né Feinriz alla batteria né Nocturno Culto alla chitarra sono due caproni e in un certo senso questo disco potrebbe smentire tutte le accuse di incapacità musicale che sono mosse ai due per il loro sound scarno. Il primo, dietro alle pelli non è per niente ripetitivo e, al contrario, riesce a variare spesso i tempi pur rinunciando all'uso dei Blast. Le ritmiche infatti, sono forse più legate al Thrash che non al Death anche se i rallentamenti sono riconducibili solo ed unicamente al Metallo della morte. Anche il suono della batteria è molto più "rotondo" rispetto ai successivi lavori, con una cassa notevolmente privilegiata e un rullante meno insistente; difficile credere che si sente anche qualche controtempo piccolo piccolo, alcuni giochino sui piatti e che (ancora più difficile da credere) i pezzi sono tutti abbastanza lenti e oserei dire con un retrogusto parecchio Doom. Ma ora passiamo all'onta più grande, le chitarre.
Il riffing non solo non ha nulla di Black, ma non ha neanche quasi nulla di Thrash (il "salvataggio in calcio d'angolo" di Feinriz alla batteria); il riffing è puro Death metal, non lontano dalla scuola Floridiana. Tuttavia, diamogliela per buona, i nostri amici norvegesi riescono pur sempre a dargli un tocco di oscurità in più, un'aura più macilenta che manca a molti (non a tutti) lavori Death dell'epoca: tutto questo, lo ripeto, senza mai allontanarsi dai confini di questo genere. Sentirete dei solos, scontatissimi quanto volete, ma vera rarità per i Darkthrone. Sentirete delle chitarre gemelle, per niente scontate e anzi gradevoli ma altrettanto rare per i Darkthrone, sentirete delle scale, sentirete degli accordi cosi pesanti e poco gelidi che farete fatica a credere che si tratti della stessa sei corde che due anni dopo avrebbe suonato "Nastassja In Eternal Sleep". Sentirete nel riffing tutto ciò che non vi sarete mai aspettati da questa attuale coppia. E il basso? Il basso si sente addirittura, e come che si sente: fa anche qualche piccolo stacchetto nonchè una specie di (orrido) assolo nel finale di "Sempiternal Sepulchral". Elemento invece che li distacca dagli altri gruppi Death dell'epoca è la presenza di qualche tastiera, usata in maniera ottima e invidiabile da molti altri complessi; qualche nota trascinata dal vento aggiunge quella atmosfera livida che fa di "Soulside Journey" un album diverso dagli altri (impossibile non citare l'apertura micidiale di "Grave With A View"). Per quanto riguarda la voce, ci sono meno sorprese; Nocturno Culto canta in growl, ma un growl abbastanza pulito che non farà inorridire nessuno perché in parte simile ai vocalizzi presenti su "Panzerfaust". Preferisco invece non parlare dei testi, tanto ricchi di "Fuck" e "Fucking" da sfidare Phil Anselmo.
Ora si danno quattro casi. Siete fan sfegatati dei Darkthrone e allora siete pronti a perdonargli qualsiasi cosa compreso un flirt col nemico (vale a dire il disco in questione): fate vostro questo disco, magari (io la vedo dura, però… ) ci vedrete qualche collegamento con la loro discografia successiva e comunque vada avrete tra le mani un buon disco di Death Metal col quale far sentire a tutti che volendo i vostri beniamini sanno perfino suonare discretamente. Siete fan sfegatati del Black metal e odiate i Darkthrone per quello che han fatto; fate vostro questo disco, l'inverno è freddo e la plastichina del case del cd non brucia per niente male. Siete fan sfegatati del Death metal e siete disposti a chiudere un occhio sul presente dei Darkthorne; fate vostro questo disco e avrete un ottimo lavoro Old School che innegabilmente ha contribuito alla nascita di un genere. Non ve ne fotte niente del Death, del Black, dei Darkthorne: fate vostro questo disco e iniziate ad ascoltare un po' di buona musica partendo da chi ne ha gettato le basi. Capito il concetto?
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