I Darkthrone sono il gruppo che più mi ha influenzato dal punto di vista musicale (e non solo), grazie ad album come “Under A Funeral Moon”, che hanno segnato in modo indelebile la storia della musica più oscura. Ricordo ancora la prima volta che ascoltai quel disco... fui fulminato da quelle linee di basso cosi’ scarne ed essenziali, ma pulsanti e primitive.

Sono passati tredici anni (e nove album) dalla publicazione di quel capolavoro (loro terzo), lasso temporale in cui il duo norvegese ha lentamente evoluto (o meglio involuto) il proprio sound amalgamando influenze sempre più retro’, fino ad arrivare a questo album dal titolo pretenzioso. Ad essere sincero i loro lavori a partire da “Ravishing Grimness” , in cui é stato intrapreso il “nuovo corso”, non mi avevano impressionato più di tanto, perché non riuscivano più a trasmettere quell’alone macabro e oscuro dei tempi migliori, pur restando dei buoni dischi.

Con “The Cult is Alive”, i Darkthrone non ritornano di certo sui loro passi, anzi, dimenticano completamente quelle atmosfere che li avevano resi famosi, ma rilasciano un disco di sicuro impatto, trascinante, e ben prodotto. L’attitudine é ora rock‘n’roll, il songwriting é semplicissimo (come sempre), e vengono ripescati a piene mani mostri sacri quali Motorhead e Celtic Frost (in alcune canzoni quasi da plagio). Le chitarre hanno sempre il suono tipico “Darkthrone” ma questa volta sono più potenti e ben definite, la voce di Nocturno Culto é profonda come al solito ma sono le ritmiche del cantato ad essere differenti, più scandite (ascoltando “Atomic Coming”, una delle tracce più rappresentative, mi viene in mente “Agent Orange” dei Sodom).

Tutto l’album é impostato su tempi medi (medio-veloci a tratti) e dopo quindici anni si sente Fenriz rifare un passaggio di doppia cassa (!!), che inoltre canta per intero “Graveyard Slut”, che sembra provenire direttamente da “Morbid Tales” dei Celtic Frost. Tra i pregi del disco, l’omogeneità e l’ assenza di cadute di tono. Ho mal digerito la loro scelta di pubblicare anche il singolo, da un gruppo di “culto” cosi’, non ci si aspetta cose del genere, ma si sa', i tempi cambiano... e per fortuna esiste sempre una scena underground (black-metal) di tutto rispetto (sopratutto americana, francese, norvegese e ultimamente anche italiana).

Il voto finale (3.5, ti prego debaser... introduci il mezzo voto... se ti va) sarebbe più alto se riuscissi a dimenticare quello che i Darkthrone hanno fatto in passato.

Disco più che sufficiente, non più per pochi... ma per molti...

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