E poi arriva il botto, il frastuono interiore, lo sbigottimento emotivo e quel senso di compiuta incompiutezza che governa l'animo in preda all'ascesi scatenata da un'estasi estetica d'indubbia qualità.
Quando si dice che l'arte deve essere in grado di turbare, di far riflettere, di stupire e creare una dimensione dove anche il male peggiore, per una perversione estetica, diventa godimento intellettuale ed emotivo, si sta parlando di opere che, a mio parere, delineano una categoria in cui questo film rientra a pieno titolo.
Darren Aronofsky, che aveva già saputo stupire con opere come p: il teorema del delirio e Requiem for a Dream, torna nel 2010 con un film che aveva già in cantiere da anni, e che sancirà la vittoria dell'oscar come migliore attrice protagonista da parte di Natalie Portman, nonché un riconoscimento a livello internazionale di tutto rispetto, eccetto una discreta schiera di detrattori che saranno in grado di trovare, in modo a mio avviso piuttosto infantile, nella sessualità spinta e nell'autolesionismo del film (nonché, e qui siamo alle soglie ridicolo, nella presunta cattiva luce che il film getterebbe sul mondo del balletto) motivi di degrado artistico. E questo può avere senso se rimaniamo legati ad un canone estetico settecentesco, ma in un mondo dove l'intero mondo dell'arte si serve anche dello sgradevole per comunicare con forza un dolore o un disagio, perché un film che fa altrettanto deve venire criticato anziché lodato, se ben fatto? Forse perché allora i bambini non potranno vederlo? Peccato, perché si perderanno un lavoro degno di essere ricordato.
Ma veniamo alla pellicola in sé. La trama, molto semplicisticamente parlando, narra di Nina, una giovane ballerina oppressa da una madre iperprotettiva e da qualche problema relazionale, che viene selezionata per interpretare la parte del cigno bianco E del cigno nero nel balletto tchaikovskiano Il lago dei cigni. La cosa interessante è che, per aiutarla a tirare fuori il cigno nero che è in lei, il suo maestro la metterà a dura prova. Non si tratta solo di interpretare una parte in un balletto, ma di restaurare l'equilibrio tra luce e oscurità presente in ognuno di noi. Equilibrio che, nel caso di Nina, viene totalmente meno a causa della rigida educazione, della timidezza, della tendenza al perfezionismo e tutte quelle caratteristiche facilmente attribuibili per stereotipo ad una tipica ballerina elegante e fragile, tanto sul palco quanto nella vita. Pare evidente che stiamo parlando di un confronto tra Super-io ed Es, freudianamente parlando, in un conflitto nel quale il primo ha decisamente la meglio sul secondo. La metamorfosi della ragazza subirà delle virate assolutamente imprevedibili, con momenti allucinanti (nel vero senso della parola) quanto toccanti e/o cruenti. E non avevo gridato da tanto tempo al "cosa sto guardando?" con una frequenza tale a quella verificatasi nella sequenza finale di questo film.
Inutile nasconderlo: non si tratta di un film leggero. Un'ora e quaranta che sembrano due e mezza, e in fin dei conti non è che accada chissà cosa a livello di sviluppi. Non si tratta di un film "lento", quanto piuttosto di un film riflessivo, che lavora spesso sulle continue associazioni tra simboli ed avvenimenti misteriosi per poi lanciare una serie di chiavi di lettura in merito nella sezione finale. Tutto questo non gioca certo a sfavore dell'opera, e la dice lunga sull'impatto emotivo che è in grado di avere sull'animo umano. Le belle trovate registiche non mancano: non si tratta di un film che brilla per scorci particolarmente estatici, ma di certo propone qualche idea interessante e ben implementata, mai ai fini di sfoggiare qualche idea presumibilmente originale in maniera pressappoco casuale all'interno della pellicola. Ogni cosa è perfettamente misurata e realizzata di conseguenza. Un aspetto che, almeno inizialmente può far storcere il naso, è che la Portman è sempre tremendamente drammatica. Solo camminando per la città pare che abbia visto un fantasma. Appare però evidente, approfondendo il carattere della protagonista, che la cosa è voluta, anche se forse non misurata al meglio, e fa da contrappunto abbastanza buono alle (poche) scene in cui si trova in condizioni opposte a quella "standard". La colonna sonora attinge a piene mani al repertorio del compositore di cui sopra, ma senza risultare mai particolarmente fuori luogo. La sceneggiatura è ben impostata e tutto si comprende alla perfezione (a meno di sezioni volutamente criptiche), dando peraltro il giusto peso ad ogni parola pronunciata (molto interessanti alcuni dialoghi). La tematica principale è naturalmente di matrice psico-thriller, pur non disprezzando qualche divagazione sui concetti di corruzione sociale o di oppressione familiare. Un giusto tocco di surrealismo garantisce un effetto finale col botto e corona perfettamente un film che non si riesce a capire quanto sia vero, quanto sia falso, quanto sia metaforico e quanto terreno, ma che in ogni caso riesce a stupire.
Perversamente sublime!
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