È un’uggiosa Bologna quella che mi accompagna il 15 novembre sulla strada per il Teatro Antoniano dove in un clima autunnale quanto mai calzante si sarebbero esibiti a breve i Daughter, alias Elena Tonra, Igor Haefeli e Remi Aguilella. Trio britannico, solo per comodità di passaporto come i nomi suggeriscono, che quest’anno con “If You Leave”, LP di debutto, hanno fatto il botto dopo degli EP interessanti e un inizio di carriera solista. Chiaramente mi sto riferendo alla Tonra che ci ha pensato un attimo prima di reclutare i due validissimi aiuto-interpreti della sua malinconia. Arrivo giusto in tempo per gustarmi le ultime note di questa giovanissima cantautrice danese in arte “Broken Twin” accompagnata da un solo violino, tutto molto minimale, ma con delle aperture delicate efficaci che rimangono pure nella testa dell’hipster più distratto dell’ultimo secondo. Poco tempo per giudicare, ma un impressione più che piacevole per una compositrice comunque agli esordi. Sono passate da poco le 22:00 e in loop vi sono The National e Sigur Rós giusto per creare ancor più atmosfera in sala. Scambio due chiacchiere con la mia amica e mi lascio andare all’unica considerazione tecnica del report : io non sono fatto per il teatro. O meglio, i concerti non riesco a viverli seduto, su una poltroncina. Non si è di fronte a un’opera classica, chiamatelo indie, new wave, whatever, ma io sento il bisogno impellente di muovermi, anche solo per lasciarmi trascinare dalle ondate spettrali scaturite dal mondo dei Daughter. Sarò fatto strano io, ma se la location mi pare così adatta alla solennità del trio londinese, quanto mi sento indisposto nell’esser quasi costretto a star lì al mio posto, come se fossi incatenato.

Le luci si acquietano e finalmente, accompagnati da uno scroscio d’applausi, i Daughter entrano sul palco. L’e-bow usato da Igor introduce “Still” e da quando Elena esordisce soffusamente con “I’ll wrap up my bones” non ce ne è più per nessuno. Una voce tremendamente espressiva che ricalca e amplia quell’aurea nostalgica che permea ogni brano della giovane discografia dei nostri. Le melodie sono avvolgenti e cala una dimensione intima, così emotivamente fragile, eppure d’impatto. Un ambiente rarefatto dove i Daughter dipingono i loro intrecci sofferti, architettando al meglio ogni istante, mostrando genuinità e spontaneità in ogni piccolo dettaglio, che vada dall’interloquire con il pubblico fino ad arrivare al lasciarsi trasportare dalle proprie esecuzioni, andando a velocizzare brani come “Candles”, decisamente dotato di tutt’altra verve che sull’EP “His Young Heart”. I siparietti lasciano un sincero sorriso sul mio volto, con Elena quasi imbarazzata e timida nell’interagire, quanto decisa nel liberare dalle sue corde vocali tutti i dissapori sentimentali alla ricerca di una stasi di quiete nel suo tormento. Ci pensa Igor a essere il lato ironico del trio, visto che Remi è impegnato fra rintocchi pulsanti della cassa e pattern che ti risvegliano da quell’invaghimento ipnotico causato dalla voce della Tonra che in modo cristallino scandisce ogni pezzo in setlist, con un’interpretazione che sicuramente si tenderebbe ad accostare a veterani dalla scena, non a (come dice Igor) dei ragazzi che nel 2010 provavano “Landfill” in camera sua. E invece non è così, i Daughter mettono insieme una prova maiuscola. Se in apertura ho citato il teatro in modo “asteriscato”, i risvolti positivi sono da ricercare nella scenografia. Essenziale con il solo uso di fumi e luci, ma utilizzati con poliedricità e in grado di essere una cornice di tutto rispetto alla performance dei nostri, oltre a un’acustica che non mostra alcun cedimento.

Non importa quale strumento ci sia sul palco. Che arrivi la tastiera in background o la seconda chitarra ad aiutare quando Elena è impegnata al basso, l’equazione alla fine è semplicemente vincente. Igor e la chitarra sono un tutt’uno, il plettro o l’archetto son intermediari che servono solo a metter in luce quanto la sua tecnica sia il servizio della melodia e dell’esperienza lacerante dove solo “Human” sembra porre un’argine a quella fiamma che si spegne negli arpeggi sì caldi, ma per ossimoro gelidi dei Daughter. Nulla viene lasciato al caso e se “If You Leave” è il degno protagonista della serata, non vengono affatto scordati gli EP iniziali His Young Heart e The Wild Youth che contribuiscono all’escalation nel trittico delle meraviglie. Tragitto che inizia con “Tomorrow” per poi calarsi nelle vesti di “Youth” e poi deflagrare in “Home”. E qui metto un inciso. È un brano che già mi piace molto con quel suo infrangersi costantemente sul chorus “take me, take me”, ma ancora una volta i Daughter pensano di conferirgli una connotazione più incisiva che su disco e infatti il crescendo finale si fa squisitamente post-rock. Le distorsioni partorite da Igor aumentano e, nel frattempo, si lascia andare a un headbanging che t’aspetteresti a un concerto dei Raein (giusto per dire un nome a random, eh). Remi nel mentre con la batteria accelera i battiti a suon di rullate e piatti colpiti con una veemenza liberatoria che contagia pure Elena che abbandona microfono e si lascia, finalmente, andare dimenticando ombre e inquietudini personali. Un trionfo. L’Antoniano risponde estasiato e chiede un’altra piccola perla, come una morfina per non far terminare la serata. I Daughter non perdono tempo e dopo qualche giro di lancetta si ripresentano con la riproposizione di “Get Lucky” dei Daft Punk, in modo quasi sarcastico nei confronti della loro stessa musica, come ha occasione di dire Elena, riferendosi all’indole depressiva che potrebbe aver lasciato in noi il sound del gruppo.

Quando le corde smettono di vibrare però il sipario cala sul serio e io non mi sono manco accorto dell’ora e un quarto che è trascorsa da “Still”, una fluidità d’esecuzione notevole e la voce della Tonra dal vivo ti lascia stregato, poco da dire, non me ne vogliano gli eccellenti Remi e Igor. Con la speranza di rivederli al più presto in Italia, si riprende l’ombrello e si torna a camminare in una Bologna notturna che, ancor più del pre-concerto, aiuta a conservare ogni singola nota dei Daughter.

SETLIST:

Still

Amsterdam 

Love

Landfill

Winter

Candles

Shallows

Human

Smother

Tomorrow

Youth

Home

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Get Lucky

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