Chi non ha mai sentito questo disco lo faccia al più presto.
"Song of Innocence" è, senza dubbio, uno dei capolavori della musica strumentale degli anni '60, un vero e proprio concentrato di idee, e di soluzioni armonico/melodiche spesso imprevedibili, inattese.
Le sette composizioni che gli danno vita si snodano all'interno di una concezione ritmica apparentemente monocromatica che, pero', in maniera alquanto subdola, si infiltra con non poche variazioni, risultando in fin dei conti godibilissima.
Psichedelia, rock, jazz, fusion, funk, pop barocco: la musica di Axelrod sembra voler andare oltre ogni limite prestabilito, inglobando gli stili più disparati.
Dal primo all'ultimo brano, si ha come l'impressione di essere in viaggio, in un vero e proprio trip nelle terre variopinte di un'immaginazione senza freni, e il carattere quasi sinfonico - o quantomeno orchestrale - dell'intero album non fa che accrescere questa sensazione.
Arduo è il fare paragoni, questo sound è talmente personale, e unico, che difficilmente lo si associa a quello di altri artisti, sebbene - ma soltanto in alcuni punti - ricordi vagamente certe cose di Serge Gainsbourg.
Campionatissimo, inoltre, nel mondo dell'hip hop anni '90, l'album ha contribuito a impreziosire la musica di gente come: Eminem, Jay Dee, Pete Rock, Jurassic 5 e molti altri.
Una delle tracks che mi sento di segnalare particolarmente è "Holy Thursday", un groove maestoso, potente, supportato da un beat ipnotico e sensuale, e con dentro un fantastico solo di chitarra elettrica dalle tinte lisergiche.
Un masterpiece che ripaga le attenzioni dedicategli con anni di ripetuti ascolti, e immancabili soddisfazioni.
Altamente consigliato.
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