Ci sono dischi dei quali prima che della musica bisogna raccontare della forza, dell'intensità risultato e specchio di un'anima priva di qualunque filtro, dritti verso il cervello di chi li ascolta come ce ne sono pochi e quando li si incrocia ci si resta appiccicati a vita. Succede a molti con la spettrale Luna Rosa di Nick Drake, oppure con la psicotica "Plastic Ono Band" del malridotto Lennon... parole che escono come fiotti di sangue dalle casse dello stereo, senza pietà, parole quiete urlate sibilate dolci o rauche ma sempre urticanti, nude, vere, scomode.

Fiotti di sangue pure nella copertina, a significare il radicale (giusto) giudizio che l'artista dà della terribile politica estera del suo paese. L'album risale al 1992, l'indomani della Guerra del Golfo e delle stronzate di Bush Senior... nessuna fatica purtroppo a percepire più che mai attuali le ciniche invettive che Baerwald ci infila dentro, devastato nell'animo dalla consapevolezza dello scempio morale di un mondo di merda nel quale una minoranza di furbi e stronzi, che siano CIA o religiosi, venditori o avvocati, della narcotici o il presidente del proprio paese, si ingegna ogni giorno ad approfittare arraffare prevaricare violentare, tenendo in scacco ed emarginando chi cerca più o meno di dare retta alla sua coscienza.

Questo grande cantautore militante d'America, ex-tossico, figlio di un perseguitato politico del maccartismo, è nato nel paese più crudele e spietato con i perdenti, il più falso e pericoloso perché con una facciata luccicante ed efficiente continuamente levigata da una fucina di talentuosi professionisti del disimpegno e dell'ipocrisia. Suo è il malessere e sue le frustrazioni di un individuo che sente il suo fato controllato e spiato da poteri aberranti... unico rifugio, seppure in totale assedio, l'amore e i sentimenti per quelli che ti vogliono bene.

Oscillando fra eburnea rabbia, asciutto cinismo e malinconica decadenza, questa serie di dieci canzoni utilizza linguaggi musicali dei più vari, rivestendo con paurosa classe, nonché notevole ed appropriata varietà stilistica, i testi via via corrosivi, scomposti oppure rassegnati, mortiferi. Non so se il merito sia di Baerwald o piuttosto del suo produttore Bill Bottrell o di entrambi, sta di fatto che "Triage" è tutt'altro che un disco sbilanciato verso la componente lirica.

Ad esempio l'iniziale "A Secret Silken Word", lievemente jazzata, rotola notturna e morbosa per minuti e minuti, con la tromba di Herb Alpert ad aprirsi pertugi nel cantato quietamente disperato e carico di solitudine, facendo subito intendere che questo è un disco diverso da tutti gli altri. La successiva "Got No Shotgun Hydrahead Octopus Blues", terribilmente incazzata, è una maniacale e disordinata sequela di invettive contro il potere in molte delle sue forme, resa con un groove scheletrico e denso da far spavento. Il terzo pezzo "Nobody" si avvale di grande produzione, piena di effetti industrial (ma le bastonate più glaciali sono i ripetuti "I am nobody" che David recita con una voce che fa mancare le gambe...) su un giro asfissiante e ipnotico. Nessuna pietà anche per la seguente "The Waiter", stavolta una specie di "Hip Hop bianco" allucinato e pericoloso.

Si tira appena il fiato con la quinta "AIDS & Armageddon " (malgrado il titolo), un bel giro blues di asciutte e scattanti chitarre elettriche sopra una ritmica funky ed eccoci ad un capolavoro che si intitola "The Postman": splendidi effetti (elicotteri Apache in azione, discorsi del congresso...) contornano questa nenia disperatamente descrittiva di una vita "normale" circondata e presa in ostaggio dalle peggiori brutture. : da brividi, come lo è il settimo pezzo "A Bitter Tree", voce chitarra acustica e poco altro con Baerwald che parla del padre, del perdono "come una mela amara ai piedi di un albero amaro" e di altro che ha nella pancia. Bellissima pure "China Lake", squarcio di consapevolezza quieta e rassegnata del "dolore e della vergogna della resa", più tradizionale di altre nella sua veste ancora acustica. Segue la maestosa "A Brand New Morning" che mi ricorda il migliore Bruce Springsteen (ma Baerwald è molto più feroce genuino e raffinato) per come il bellissimo ritornello è reso con profondità e passione. A chiusura dell'opera "Born For Love" una nuova scena di vita quotidiana, dolce e toccante, sempre pervasa da quel senso decadente di resa esistenziale davanti al marcio imperante, una dichiarazione di amore che sembra quella del prigioniero affacciato al parlatorio.

Disco impegnativo, da affrontare mettendo in conto l'assoluta forza di sgretolamento delle proprie difese. Ma è arte, arte popolare del nostro tempo.

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