Nella vita è capitato a tutti di fare la cosa giusta nel momento sbagliato. E' capitato spesso anche ai musicisti e uno degli esempi più eclatanti è quello di David Bedford, compositore classico d'avanguardia, allievo di Luigi Nono nonchè compositore d'orchestra che, alla fine degli anni '60, entra a far parte del giro della musica rock più per una serie di coincidenze che per sua precisa volontà.
L'input gli viene dato da Kevin Ayers che lo invita a lavorare con lui agli arrangiamenti del suo primo album da solista e David, incuriosito, accetta. Il sodalizio tra i due funziona così bene che Kevin gli chiede di far parte della sua nuova band in veste di tastierista. David suona con i Whole World per due anni, fino allo scioglimento del gruppo. Sono due anni molto intensi durante i quali inizia ad essere stimato nell'ambiente rock d'avanguardia inglese, comincia a collaborare con altri musicisti ma soprattutto stringe una forte amicizia con il bassista della band, un adolescente timido e ambizioso di nome Mike Oldfield.
Oldfield ha un sogno, pubblicare un album da solista e per questo da anni compone musica e la trasferisce su nastri. David lo consiglia, lo incoraggia e quando finalmente una casa discografica esordiente, la Virgin, accetta di pubblicare il lavoro di Mike, lo aiuta a realizzare gli arrangiamenti orchestrali. "Tubular Bells" sorprendentemente ha molto successo e addirittura, quando viene scelto come colonna sonora per il film "L'Esorcista", diventa un hit a livello planetario.
Oldfield nel giro di qualche mese diventa una rock star conosciuta in tutto il mondo e di riflesso aumenta anche la notorietà di David. Le collaborazioni con altri musicisti aumentano. In questo periodo lavora, tra gli altri, con Roy Harper, Edgar Broughton e ancora con l'amico Mike prima come arrangiatore del suo secondo album "Hergest Ridge" e poi come direttore d'orchestra nella versione sinfonica di "Tubular Bells".
Ormai David in campo rock ha l'esperienza necessaria per fare il salto di qualità. Ne è convinto pure lo stesso Oldfield che prima lo convince a comporre un album da solista e poi, forte della sua influenza, gli procura un contratto con la Virgin.
I primi due album di David con la Virgin "Star's End" e "The Rime of Ancient Mariner" escono rispettivamente nel 1974 e nel 1975. Il primo è un'opera sinfonica d'avanguardia con tanto di orchestra e cori, nel secondo David aggiunge batteria e tastiere alla strumentazione classica nel tentativo di renderlo meno difficile all'ascolto, ma le cose non cambiano granchè. Entrambi risultano troppo sperimentali e difficili per l'ascoltatore medio e vengono apprezzati solo dalla critica e da una piccola nicchia di pubblico.
Con il terzo, "The Odyssey", David finalmente ci azzecca: via gli strumenti orchestrali (a parte l'oboe) e spazio alle tastiere (suonate dallo stesso Bedford) e alle chitarre (suonate da Andy Summers e dall'onnipresente Oldfield). Le sonorità sono prettamente rock, un prog-rock d'atmosfera arioso e melodico con qualche spruzzata di sperimentalismo soft qua e là.
I brani sono strutturati in maniera molto semplice e minimale: uno o più accordi di tastiere si ripetono con toni diversi per tutta la durata del pezzo mentre, in secondo piano, i synth replicano a loro volta brevissimi giri di note. E' una struttura rigida a cui si appoggiano i cori, gli assoli di chitarra, i rumori e gli effetti sintetici, variazioni sul tema che non "disturbano" l'armonia e l'eleganza formale delle composizioni.
I brani migliori sono quelli più articolati: "The Syrens", il pezzo più lungo, inizia con un tema celestiale cantato dal coro femminile del Queen's College che galleggia su una base elettronica essenziale, mentre la chitarra di Oldfield cesella accordi preziosi e leggeri come filigrana. L'ultimo brano, "The Battle in the Hall", comincia invece con un ritmo pesante e marziale, reso ancora più minaccioso dagli effetti grevi e dissonanti dei synth. Poi improvvisamente l'atmosfera si rasserena: riappare il tema di "The Phaeacian Games" e, alla fine, un coro sommesso si spegne in breve nel silenzio. L'Odissea è finita, finalmente torna la pace.
L'album alla fine risulta essere un mix piuttosto gradevole tra i primi lavori di Mike Oldfield e i pezzi più semplici di musicisti come Terry Riley e Philip Glass. Stranamente, sebbene il disco abbia tutti gli ingredienti per piacere ad un vasto pubblico, passò totalmente inosservato. Il motivo è chiaro, siamo nel 1976, agli inizi della rivoluzione punk, i gusti del pubblico sono cambiati e il progressive è ormai etichettato come musica "vecchia" per antonomasia. "The Odyssey" purtroppo è uscito fuori tempo massimo.
David non ne fa una tragedia. La parentesi rock è stata piacevole e stimolante ma adesso è finita. Durante la sua lunga carriera di musicista classico collaborerà ancora saltuariamente con Mike Oldfield e altri artisti rock ma soltanto in veste di arrangiatore o direttore d'orchestra.
Però il suo contributo alla musica rock, "The Odyssey", è considerato ancora oggi dai fans del prog un piccolo gioiello di gusto ed eleganza da conservare con cura.
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