Scrivere di musica
ovvero: fluttuare su Milano a fine ottobre
Cosa significa scrivere di musica? Per associazione di idee mi vengono in mente varie espressioni tra cui ascoltare, essere ispirati, informarsi, informare, spiegare, emozionarsi, coinvolgere, giocare, sfogarsi, descrivere, perdonare, arrabbiarsi, pretendere, dilungarsi, essere enciclopedici, comunicare, battere sulla tastiera, fare finta di essere, parlare di sensazioni.
Io stasera decido di scrivere di musica secondo l'ultima accezione elencata e dell'atmosfera presente di Milano, ma non vi descriverò un album canzone per canzone: mi limiterò a usarlo come colonna sonora. La colonna sonora che scelgo è "All Saints", perchè essa è la musica del mio fine ottobre grigio e bianco di Milano, è la colonna sonora della sveglia alle sei e mezza nel freddo e nel caldo della mia casa, è la musica appiccicata nel metrò con me e milioni di persone diverse, è la nota di quando in ufficio mi taglio con i fogli delle pratiche, è il suono che danza oscuro e silenzioso nella mia stanza mentre scrivo queste parole, è la percezione frastornata e lenitrice dei miei sogni in bianco e nero.
La musica che mi accompagna e che mi sussurra striscia tra i viali, fa capolino tra le macchine immobili in fila sull'asfalto, si infila tra le persiane semichiuse mentre risuona la sigla del telegiornale, fa tintinnare i bicchieri sulle tavole apparecchiate, sfoglia le pagine del libro sul mio comodino.
Cosa vuol dire scrivere di musica? Parlare di suoni è anche viaggiare, allora il mio stereo diventa un treno, la mia tastiera le sue ruote, la mia immaginazione i finestrini, oltre i quali sfilano i misteriosi castelli francesi, i sotterranei berlinesi, i palazzi di New York e le barche sul Tamigi, e alla fine, fermandosi alla Stazione Centrale, levo gli occhi dal finestrino e li appoggio sullo schermo, foglio della mia fantasia, e vedo parole, e mi accorgo che ho scritto di musica. Forse.
Se mi guardo indietro vedo sguardi, persone, espressioni, silenzi, parole, troppe parole. Se ascolto il presente mi dimentico la prossima sveglia alle sei e mezza, mi dimentico lo stridio dei freni del metrò, mi dimentico dei chili di pratiche, mi dimentico di comunicare con occhi assenti e ghigni arcigni, mi dimentico anche della musica. Se alzo lo sguardo al futuro mi accorgo che rimane il suono puro, il mio fluttuare calmo nel buio grigio e nella luce bianca-arancione di questa città frenetica, la serenità e l'inquietudine... divento percezione pura e mi libro silenzioso nella notte, se guardo giù vedo i tetti di Milano, le sue lucine, la sua anima d'ottobre e provo vertigine, e non so più scrivere di musica, ma almeno volo via.
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