La stella nera di David Bowie ha saputo darci un addio stratosferico. Un saluto dal futuro che ragiona sulla fine dell'esistenza. Il "Duca Bianco" è sempre stato un extraterrestre, un'entità superiore, capace di cambiare camaleonticamente stile, mantendendo comunque un profilo "Art Rock". E anche anche questa volta ha letteralmente mandato a fare in culo la società odierna, fottendosi della radio, della televisione, del parere di tutti quanti. Ci ha semplicemente detto addio, incamminandosi verso una nuova vita. Ci ha abbandonato un DIO della musica lasciandoci un magnifico testamento, un vero capolavoro. Dobbiamo tenerci stretto "Blackstar" e considerarlo come un messaggio, scritto da una persona, mentre si avvicina alla fine del tunnel, capiamo cosa si prova, come ci si sente a familiarizzare con la morte, a conviverci, a conoscere il suo amaro sapore. Questo anche grazie all' azzeccatissima cornice musicale estremamente innovativa che spazia dal rock al jazz al trip-hop all'hard bop e perfino al fusion, firmata dal gruppo jazz newyorkese, scelto personalmente da Bowie in seguito ad un'esibizione in un minuscolo jazz club di Manhattan.
È proprio grazie a questa originale scelta che si è ottenuto un album circondato da un misterioso alone, con un'atmosfera da brivido, cupa, oscura che come detto prima fa pensare alla morte. A questo collaborano anche i testi che trattano le medesime tematiche; un esempio è l'eccelente "Lazarus" :
«Guarda quassù, sono in Paradiso, Ho delle cicatrici che non possono essere viste, Ho una storia che non può essermi rubata, Ora tutti mi conoscono. Guarda quassù, amico, sono in pericolo, Non ho nulla da perdere»
Pelle d'oca,
Brividi, ascoltando queste parole raccontate dalla voce malinconica di Bowie.
Ripete poi nel ritornello :
«Oh, I'll be free, oh I'll be free».
A rendere l'opera un vero capolavoro collaborano anche i video musicali, che definirli sublimi è sminuirli. Anch'essi fanno parte del progetto d'addio del Duca, rimandano infatti alla fine della vita terrena, al contatto con la morte.
Penso che sia uno dei migliori album degli ultimi 5 anni, se non più, che riesce a compattare tanti suoni, appartenenti a diverse cifre stilistiche, che prendono il volo in diverse direzioni, spaziando in tantissimi generi musicali per poi riunirsi in un'unica grande sfumatura, quella dell'arte, un'arte allo stesso classica e sperimentale, innovativa, moderna, una blackart fatta da una blackstar.
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