Un'istantanea passeggera

ovvero cover-girls per Bowie

Cos' è "Pinups"?

Pinups, come le signorine che ogni mese mostravano orgogliose e irruente le loro morbide nudità ai lettori di Playboy. Pinups, come le giovani attrici che per pochi soldi facevano l' occhiolino dalle pagine patinate. Pinups, come le ragazze che agitavano il fazzoletto per dare il segnale di partenza ad una letale gara motociclistica. Pinups, come le attrici dei film di Elvis, o le starlettes che infestavano i rotocalchi del dopoguerra.

"Pinups", come gli anni ' 60 secondo David Bowie, cioè le cover più sottovalutate di tutta la sua carriera. L'album (1973) sembra incastonato a forza nel percorso dell'artista inglese, inoltre risulta monotono e debole se confrontato con gli illustri predecessori e la storia di trasformazioni seguente. Accostando l'orecchio ed alzando il volume mi chiedo se questa trovata discografica possa considerarsi un ideale passaggio dall'arrogante glam-rock di "Aladdin Sane" al decadente soul di "Diamond Dogs" e poi di "Young Americans". In effetti ci sono tutti gli elementi che hanno reso originale l'aspetto musicale del personaggio Ziggy Stardust, ma anche anticipazioni della svolta al "Philly sound" . Le chitarre compatte e distorte, le voci in falsetto, le dissonanze d' archi sono affiancate da sassofoni sparati a mille, da urla rauche, talvolta da ritmiche leggermente funky. Il nostro si libera dei fantasmi impasticcati del suo periodo mod spingendo nel tritacarne dei suoi arrangiamenti ruvidi e roboanti i Pink Floyd di Syd Barrett, gli Yardbirds, gli Who, gli Easybeats e i Kinks, solo per citare i più famosi. Lo stridente plettro che da "Rosalyn" dei Pretty Things porta a " ere Comes The Night" si unisce ad un grido intermittente e comico, e l'effetto è sublime, come la successiva entrata dei fiati. "See Emily Play" suona realmente grottesca, la sua coda rimane psichedelica e assurda grazie alle divagazioni free-jazz del grandissimo pianista Mike Garson. Brani come "Everything' s Alright" o "Friday On My Mind", a metà strada tra il boogie e il paranoico, divertono e fanno ballare: che "Pinups" non sia altro che uno scherzo? Oppure è la pietra angolare dell'evoluzione glam? Forse no, non tutti i brani sono all' altezza: "I Can't Explain", "Don't Bring Me Down", "Shapes Of Things" e "Where Have All The Good Times Gone" sanno di un vezzo licenziato troppo presto. . . ma chi siamo noi per giudicare un gioco così raffinato e cialtrone allo stesso tempo? E poi c' è "Sorrow", indimenticabile, languida, vellutata, come lo sguardo di Bowie mentre si avvicina ad Amanda Lear nelle riprese stravolte del "1980 Floor Show" (1973 Midnight Special, The Marquee Club).

Allora cos' è "Pinups" ? L' allucinato duetto con Marianne Faithfull, perfetto e velenoso frutto kitsch purtroppo assente nel disco? Un addio alla semplicità e al candore dei primi ' 70? Uno sguardo che non regge più la telecamera e affonda in un abisso di illusioni? Il ritratto slavato a androgino di Bowie e Twiggy oppure Norma Jean Baker, che forse meritava l' Oscar? Cos' è "Pinups?"

da "See Emily Play" (Syd Barrett)
"Emily ci prova ma si sbaglia
E' spesso incline a prendere in prestito i sogni di qualcuno
fino a domani (. . . )
Subito dopo il buio Emily piange
Fissa soffrendo gli alberi, in silenzio fino a domani (. . . )
Indossa un abito che arriva fino a terra
Lasciati trascinare dalla corrente di un fiume per sempre
Emily"

(da Velvet Goldmine)

 

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