E' il 1980 e il clown bianco si strucca.
Bowie dice addio per sempre ai propri personaggi; affinché la catarsi funzioni, è necessario farli rivivere tutti insieme, in un'ambientazione un po' autoreferenziale, nostalgica e futuribile al tempo stesso.
Ma "Scary Monsters" è anche l'occasione per ribadire la propria statura di capostipite degli ultimi fermenti avant-rock, se è vero che era stato proprio Bowie con la trilogia berlinese a prefigurare tanta new wave.
Il suono è molto brillante e moderno, con qualche parentela con la no wave di Bill Laswell, ma ricco anche di citazioni dal passato di Bowie: la batteria riverberata di "Low", certe dissonanze vocali da "Diamond Dogs/Hunky Dory", Fripp che cita il suono di "Heroes", e una diffusa atmosfera glam.

Niente da eccepire sullo spessore concettuale/sonoro dell’opera, peccato che il songwriting, per quanto variegato, non sia sempre all’altezza delle aspettative:
se la prima facciata brilla di capolavori come "Ashes To Ashes" (su tutte), "Fashion", "Up The Hills Backwards", "Scary Monsters", la seconda mostra qualche calo d'ispirazione ("Teenage Wildlife" è l'ennesima copia di "Heroes", mentre "Kingdom Come" e "Because You're Young" non sono certo memorabili).
Ho sempre avuto un rapporto conflittuale con quest'album, pensando a cosa avrebbe potuto essere con pezzi tutti all'altezza di "Ashes To Ashes" e con ancora Eno alle strategie oblique.

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