Si ghigna (e non poco) già dalle prime scene. “Lui”, lo sfigato (un Brian Geraghty che sfoggia una magnifica espressione da pesce lesso per tutto il film) non ne combina una giusta: il lavoro gli va di merda, si diverte ad avere conversazioni poco interessanti con uno sbarbatello (“L’altro”) che vive costantemente sulle sue spalle e perde l’uso della parola quando deve provarci con una collega (“Lei”). La dose di sfiga, fin qui abbastanza evidente, che attanaglia il protagonista (candidato al premio “piovono cazzi e martelli” del 2012) non sembra arrestarsi. Anzi. Lo seguirà anche nel posto più pericoloso di questo mondo: uno sportello bancomat.
Ebbene si. Lo sportello Bancomat è un luogo pericoloso per vari motivi. Punto primo perché non ha il riscaldamento. Punto secondo perché è piazzato dove qualsiasi sportello bancomat dovrebbe essere: in mezzo al nulla. Dulcis in fundo, perché è, evidentemente, una calamita per maniaci vestiti all’ultima moda “Urban Legend Style”.
David Brooks, regista esordiente di questo “ATM” ce la mette proprio tutta per creare un minimo di tensione nella pellicola. Ma fallisce miseramente. I motivi? Presto detti.
La recitazione generale dei 3 protagonisti si attesta sull’ “Appena sopportabile” nei momenti di pausa, o comunque di riflessione. Figuratevi quando il mitico terzetto tenta (invano) di trasmettere tensione, angoscia e orrore nello spettatore. Uno strazio. Complice anche una sceneggiatura risibile, e noiosa che di certo non aiuta gli spettatori a tenere chiusa la mascella.
Procediamo ora ad analizzare il film basandoci sulla già citata “sfiga” del protagonista.
ATTENZIONE
S
P
O
I
L
E
R
Prima di tutto la trovata geniale di fermarsi nell’unico Bancomat pedinato da un maniaco. Ma vabbeh, si potrebbe replicare, è un film horror. E infatti questo ci sta. Ma vogliamo parlare di tutto il resto? E’ l’unico, in tutta New York a non avere un giaccone. Si innamora di una donna che finirà per far ammazzare (ovviamente senza essere riuscito neanche a dargli un bacio), grazie ai suoi piedi a banana. Strangola un innocente scambiandolo per il killer (ovviamente cannando in pieno)e, attenzione al gran finale, verrà arrestato come MAGGIORE sospettato di tutta la vicenda. Rendo l’idea dell’aura di sfiga di questo povero cristo?
ATM, come già detto prima, fallisce su tutti i fronti.
Splatter? Nein.
Tensione/angoscia/paura? Nada de nada.
Critica sociologia/politica? Nì
Colpo di scena con finale a sorpresa? Assolutamente no! Perché, tenetevi forti, l’assassino è.. (questa la rubo dal mio amico Roby).. un maniaco! UAU! Sti cazzi. Motivazione di tutta sta carneficina? Non pervenuta.
Azione? (l’uomo che cade dal burrone) NOOOOOOO! (puff).
Quindi? Cosa rimane dopo la visione di questa pellicola? Niente, assolutamente nulla. La sensazione di un buon soggetto gettato alle ortiche. Un occasione sprecata. Un film che non sa di niente.
Da evitare.
P.s. Mi spiegate perché, negli horror, ogni volta che qualcuno chiede aiuto (e puntualmente arriva lo sfigato che pattuglia da solo) lo sbirro parcheggia la macchina chilometri prima dal luogo da raggiungere? Mi spiego meglio. C’è un bancomat. C’è un parcheggio completamente vuoto. E ci sei tu, sbirro (leggasi anche “carne da macello”) che arrivi con la tua bella macchinina. La cosa normale sarebbe parcheggiare a pochi metri dallo sportello bancario. Giusto? Invece no! Tu, sbirro intelligentissimo, parcheggi la macchina a 40 km, giusto il tempo per farti una bella passeggiatina a piedi verso i ragazzi che ti gridano: “ AIUTO!”, “CHIAMA I RINFORZI!” “ATTENTO AL MANIACO!”. E Tu? “EHHHH?, RAGAZZI NON VI SENTO! PARLATE Più FORTE!“ Ma pirla! Ma parcheggia più vicino! Altrimenti arriva il killer che ti ammazza, cosa che immancabilmente accade. Chapèu!
LA FRASE: “Chi è quest’uomo? Chi abbiamo ammazzato? “ “Uno che voleva solamente prelevare.”
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