"..And i miss America and sometimes she does too. And sometimes i think of her, when she is fucking you..I love America, yo siempre he confiado en ti. I love America, por que me tratas asi?"
"Curiosare": fare il curioso, cercare di sapere cose e fatti altrui, andare osservando qua e là con curiosità. (fonte Nuovissimo Dizionario della lingua italiana, ndr.)
David Byrne non ha mai nascosto la propria indole "curiosa" e scrutatrice, un occhio sottilmente analitico aperto sul mondo e le sue diversità. Culture così lontane, rispetto ai luoghi in cui la Testa Parlante era nata (Dumbarton, Scozia) e cresciuta (nel Maryland, la Rhode Island School Of Design e NYC ), da esercitare un fascino potente e unico, qualcosa che andava oltre il semplice e turistico esotismo. E poi cos'altro aspettarsi da un tizio che avrebbe voluto fare il postino per leggere la posta degli altri? Poco raccomandabile, certo. Ma Byrne riuscì ben presto a trasferire le sue pulsioni voyeuristiche nell'ambito prettamente musicale, a rovesciare un'infinità di luoghi comuni sulla Nostra e Loro musica, su Occidente e Sud del pianeta, bianco e nero. Un istinto indagatore che miscelava strumentazione rock con i suoni antichi di quella che allora poteva sembrare una buffa parolaccia, world-music. Dai primi giorni dei Talking Heads, lungo la pionieristica collaborazione con Brian Eno che lo porterà a scoperchiare il pentolone etno di Rei Momo, Byrne applicherà la teoria dei vasi comunicanti a un certosino lavoro in studio. Felice e infaticabile, quanto un bambino alle prese con una scatola di costruzioni Lego.
Ho sempre immaginato che "Feelings" fosse il risultato abbastanza schizofrenico (ma parecchio figlio dell'autore, eccome) d'un rapimento. Si, avete capito bene e sarò ancora più dettagliato: un improvviso, assurdo e comico rapimento alieno. Del buon David, naturalmente. Era il 1997, siamo in piena epoca ufologica-cospiratoria di X-Files (prima che Chris Carter si bruciasse i pochi neuroni rimasti), e va da sé che nel giugno di quell'anno non riuscivo a spiegarmi altrimenti il contenuto del dischetto fra le mie mani. Ok, l'omonimo lavoro uscito nel '94 era notevole, solido nei suoi minimalismi loureediani... Però stavolta Faccia Di Gomma Byrne m'aveva spiazzato e incuriosito a curiosare, tanto per farlo contento. Solo un arguto intellettuale travestito da musicista e rapito da un gruppo di alieni ciondoloni, tragicamente simili a Pierluigi Collina, poteva scrivere "The Gates Of Paradise". Una maionese impazzita country-rock\jungle e chitarre cosmiche del Bowie berlinese, che soltanto pensarci è un po' pisciare dal balcone, cazzo.
L'inizio sincopato di "Fuzzy Freaky", un soffuso tappeto elettronico inquinato da repentine e acide note elettriche, mette in chiaro che questo non sarà un viaggio troppo confortevole né rilassato. Come quel volo notturno invernale, un violento neon di luce azzurra inghiottì la sagoma del placido David, che dal suo loft newyorkese sulla Fifth Avenue fu tele-trasportato all'interno di un'aeronave a forma di sigaro cubano. Dove l'ex-leader TH non sapeva ciò che l'aspettava, ma l'aspettavano curiosi i Pierluigi Collina vestiti da Geronimo Stilton. I quali, dopo tac e analisi del sangue, gli fecero compilare uno di quei questionari cari a Scientology (e alla visita-militare). Ora ho capito, la chiesa di Ron Hubbard è gestita da fottuti alieni (con a capo Cruise e Travolta). Byrne furbescamente giunse a un accordo, un album-dizionario di generi e stili in cambio della libertà vigilata (soprattutto economica, gli scientologysti costano più di un corso alla Cepu). Un giocattolo sonoro che perfino un arbitro italiano calvo e pallidissimo sarebbe riuscito a comprendere. Cuba, il calypso e i fiati "que viva Mexico!" del latin-pop danzereccio "Miss America". Il tribale dimenarsi meditabondo di "Dance On Vaseline" e l'impossibile incrocio country-folk a base di scratch hip-hop e tablas indiane "Daddy Go Down": Beck avrà apprezzato molto. La new-wave epilettica di "Wicked Little Doll", oppure gli archi e il profumo forte di "Eleanor Rigby (Finite=Alright)". Le viole e violini in levare della cantautorale "Burnt By The Sun", inquieto espressionismo macchiato da fumosi loop. Compagni d'avventura i Morcheeba ai primi passi, Greg Cohen, The Black Cat Orchestra, Mark Saunders, Mark Mothersbaugh e Gerald Casale dei Devo. Un caleidoscopio di sensazioni e umoralità, che gli ufo-Collina avranno gustato meglio di un documentario sulle mammelle firmato Russ Meyer. Se The Civil Wars esplode in un nevrotico crocicchio di pulsazioni electro e svisate hard-core, la "fin" è letteralmente una lettera d'amore e rose alla Parigi di Charles Aznavour (l'orchestrale, romantica They Are In Love).
La curiosità resta una brutta gatta da pelare, addormentata sul pianerottolo: può rivelarci che in fondo siamo anche sentimentali. Animali affettuosi, magari patetici, che osservano qua e là fatti e cose altrui.
"..I am nothing like my sister. I am nothing like my mom. You can't see me in my father. Wonder where did i come from?"
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