Dal momento che questo cd (spettrale e crepuscolare già nella copertina) si infila nel lettore CD, ci si addentra in una strada senza ritorno. Come calarsi nel primo di una serie di gironi infernali di Dantesca reminiscenza. Un incrocio tra un incubo e un'allucinazione poetica altamente suggestiva e irresistibile. Si perde terreno. Tutto frana. I deboli confini di genere vengono scardinati e ricomposti. Musica rock, musica classica, cori polifonici, canti gregoriani, tutto viene mescolato nel pentolone magico del Mago Byrne, vero alchimista e mai come in questo caso, vero direttore d'orchestra sul generis.

Questa tappa (per molti minore) appartiene alla produzione più sommersa e oscura di questo ex-guitto chiamato David Byrne, ex leader dei famigerati Talkingheads targati anni 80. "The Forest" è una digressione in un altro territorio, oscuro e temerario, una sorta di terra di nessuno, fatta di ombre e spettri, che sono gli stessi spettri che tormentano da sempre la personalità poliedrica e disallineata di Byrne, un incrocio tra la psiche malata di Anthony Perkins e la follia gotico-creativa di Tim Burton.
The Forest è un piccolo gioiello bocciato a suo tempo dalle vendite e ucciso dalla critica legata a schemi accademici, colti di sorpresa da un lavoro difficilmente etichettabile in un genere ben specifico.
E' un'opera (realizzata in teatro con Robert Wilson) dedicata al mito più antico dell'uomo, quello di Gilgamesh e l'epopea del popolo dei Sumeri (vecchio amore del nostrano Battiato che ha dedicato un'altra opera, "Gilgamesh" appunto, allo stesso mito). I brani sono per lo più orchestrali, fitti di sonorità oscure che scatenano, col passare dei minuti, pulsioni ataviche e profonde, con aperture epiche possenti e canti ipnotici che ripercorrono, a tratti, lo stesso percorso di opere intramontabili come il Bolero di Ravel. Dovunque è evidente la commistione tra il pop d'avanguardia del Byrne Testaparlante a una musica più colta e nobile di un Byrne diverso, più oscuro e tetro, a noi perlopiù sconosciuto. Emerge da queste tracce, il fascino decadente di un autore musicista curioso, geniale e inaspettato e ci restituisce uno scopritore di sonorità inedite appartenenti ad altri territori ben lontani dal mondo del pop-rock d'autore che conosciamo.

Disco epico e monumentale, da prendere a piccole dosi: sconsigliatissimo ai depressi cronici o agli esaltati del Gothic-Fantasy più estremo. In entrambi i casi qui c'è di che farsi davvero del male.

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