Green Lanes, nord-est di Londra: un "sentiero verde" che si allunga per tre miglia senza l'ombra di un albero. E' il quartiere turco: una densità di kebabbari di uno ogni cinquanta metri quadrati - uno ogni venticinque persone - uno ogni tre case vittoriane. Si alternano con gli off licence turchi: li chiamano così perchè per guadagnare di più vendono alcolici durante il divieto governativo e la notte.
Una pizzeria di mafiosi disturba il paesaggio all'arrivo a Manor House. Non ci entra mai nessuno (a differenza delle altre razze, la mafia italiana per evidenti interessi economici invece che accorparsi ha avuto beneficio da uno sviluppo ramificato).
Di fronte agli italiani c'è un barbiere turco. Se ne contano più di una dozzina in mezza Green Lanes, tutti per capelli turchi: un barbiere ogni due famiglie islamiche. Per guadagnare di più tagliano ai parenti degli altri. Di fianco viveva una ragazza di Rovigo e la mia speranza (sono finite a Buenos Aires con un maestro di tango).
Turnpike Lane, lato nord, un agglomerato discontinuo di case della mafia inglese affittate a polacchi e africani alla media di cinque a stanza. Per guadagnare di più li mettono addirittura insieme e non ci crederebbe nessuno. Due passi e siamo a Wood Green, dove finiti i polacchi e i neri la mafia inglese fa combattere i cani.
Ritornando al centro, tra i kebabbari, assistiamo nel chiarore della notte e del divieto governativo allo smercio di 300 chili di eroina ogni settimana. Alla fine di tre miglia di merde di cane e barbiere, alla fine della Green Lanes, alla fine della mafia turca, finisce tutto questo e comincia Finsbury.
Il primo taglio di gola avviene al secondo minuto di proiezione; per attendere il taglio delle dita bisogna pazientare per altri diciassette. Benvenuti a Finsbury, il regno della mafia russa, alla visione del nuovo film di David Cronenberg, ancora una volta incentrato sul dilemma del dualismo e della sua esplorazione.
Viggo Mortensen pare un incrocio tra l'affascinante personaggio di "A History Of Violence" e il Conte Dracula: la sua prestazione è perfetta, così appassionante che viene voglia di alzarti al centro della sala e gridare: "Dio quanto è bono questo! Così a suo agio tra il bene e il male da renderci impossibile comprendere il nostro stesso metro di giudizio (a ciò si aggiunga un viaggio di mesi in Siberia per perfezionare un accento particolarissimo che ci fa capire mezzo film)".
Alla fine ci ritroviamo ancora una volta a fare il tifo per "A History Of Violence", sempre dell'accoppiata Cronenberg-Mortensen, soprattutto perchè sarebbe stato bello poter assistere a un vero approfondimento della mafia russa e delle sue ramificazioni, e non solo invece per dimostrarci che scopano e bevono più dei mafiosi italiani (questi ultimi sarebbero poco interessanti in virtù di un mercato ormai saturo).
Ma la cosa più deludente di "Eastern Promises" è la durata. Finisce così brutalmente che ti sembra di esserti perso qualcosa di importante durante il film. Finisce così brutalmente che sebbene non ci sia da capire niente ti sembra di non aver capito niente.
A parte questo, un'ora e mezza di puro campionario del cinema perfetto.
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