Alla veneranda età di 76 anni David Crosby pubblica il suo terzo disco solista in poco più di tre anni.: dopo Croz del 2014, Lighthouse dell’anno scorso, ecco questo Sky Trails. Un segno di rigenerazione finalmente compiuta,dopo le traversie, le drammatiche vicende personali (droghe, detenzioni, trapianto di fegato, e il crollo delle luminose utopie giovanili) e la testimonianza di un protagonista dell’epoca aurea del rock (i ’60-’70, la west coast e via di lì).
Non si può non provare una certa nostalgia di fronte ad appuntamenti come questo. Ma, allo stesso tempo, ci si può certamente porre con la dovuta oggettività e normale sensibilità di ascolto nei confronti di esso.
Il disco è di gran classe. Prodotto e suonato con raffinatezza ed eleganza, senza per questo risultare freddo o distaccato. Anzi, alcuni brani sono di grande suggestione sentimentale, soprattutto quando Crosby rivela, come spesso ha fatto nel tempo, le sue angosce e le sue emozioni più profonde, in particolare nell’unico pezzo scritto da solo (Somebody Home). Oppure in quello che dà il titolo all’album, firmato con Becca Stevens, cantautrice-chitarrista americana, con la quale aveva sostanziosamente collaborato nel precedente Lighthouse.
Per ilresto, si sente la fondamentale mano del figlio James Raymond, che co-firma con il padre 5 dei 10 brani. Raymond produce e dirige i lavori, suonando tastiere e altri strumenti, e curando gli arrangiamenti e la scelta dei musicisti, tutti impeccabili e dalla giusta sensibilità esecutiva. La tendenza è a una fusion che integra certo jazz con i climi tipicamente crosbyani.
L’apertura (She’s Got To Be Somewhere) potrebbe essere tranquillamente un pezzo dei Steely Dan. Anche Capitol e Sell Me A Diamond rivelano lo stile di Raymond e richiamano le atmosfere musicali dei precedenti album usciti come CPR.Il primo ha un testo che se la prende con le perversioni della società politica americana, capitalistica e corrotta, in perfetta sintonia con altri testi del nostro. Altri due brani del duo father & son chiudoni il disco (Curved Air, spagnoleggiante, e Home Free) e sono entrambi di ottimo livello sotto tutti i punti di vista. In mezzo una ballad di estrema classe, scritta con Michael McDonald, per soli pianoforte, voce, e un po’ di synth e pedal-steel sullo sfondo. Struttura armonica complessa e la voce di Crosby che vi si adagia perfettamente, con la versatilità che la contraddistingue. E ancora, un brano firmato con il bassista Mai Agan e una versione di Amelia, dell’amica Joni Mitchell. Versione personalizzata da Crosby e Raymond (voce, piano, basso, synth), che non può essere confrontata con l’originale della canadese. Un sentito omaggio all’antica sodale dei bei tempi andati.
In definitiva, un ottimo lavoro. Ben curato ed eseguito magistralmente. Corposo. Forse per alcuni troppo variegato negli stili, ma ciò non costituisce necessariamente un elemento sfavorevole nel giudizio complessivo. Fuori luogo fare confronti con dischi precedenti, da solista o in gruppo, ma sotto diversi aspetti migliore rispetto ad alcune cose uscite come CPR (con Raymond e Pevar), che costituiscono il termine di paragone più naturale.
Un benvenuto quindi al buon vecchio, grande David Crosby, con affetto e tanta gratitudine. E un ringraziamento, come ascoltatori e appassionati di musica, a tutti i musicisti e collaboratori per il dono che ci hanno elargito con questo album.
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