Quando un film si ispira ad un libro le critiche in entrambi i sensi possono risultare estreme. Se ci si rifà letteralmente al testo, limitandosi a gestire inquadrature, colonne sonore e casting, si rischia di passare per potenziali copioni privi di originalità; viceversa, chi reinterpreta in modo eccessivo rischia seriamente di ribaltare in maniera poco gradevole una trama. Come muoversi in un contesto del genere? Una possibile soluzione ce la propone in maniera degna di nota il regista David Fincher nel 1999 con "Fight Club", ispirato dall'omonimo libro scritto da Chuck Palahniuk tre anni prima.

Il libro contrariamente a quanto si potrebbe pensare non ebbe inizialmente nessun successo commerciale ma solo critiche positive; analogamente il film fu un vero flop al botteghino, credo per le sue immagini sanguinolente ed il suo eccessivo nichilismo. Solo con il passare del tempo e l'uscita del DVD divenne un vero e proprio film culto.

La vicenda vissuta dall'anonimo protagonista (non fatevi imbrogliare, non esiste alcun Jack!) sta ai limiti dell'onirico, coinvolgendo fin dall'inizio lo spettatore (lettore) in un tentativo di comprensione della trama stessa. Il testo a dire il vero va ancora oltre: spesso è reso difficile comprendere l'ordine dell'evolversi dei fatti, i capitoli vanno a mischiarsi riportando al lettore il disordine mentale del protagonista: chi legge (o guarda il film) e lo stesso protagonista dovranno schiarirsi le idee fino all'ultimo prima di avere un quadro di insieme chiaro.

In questo contesto, non può assolutamente risultare semplice la missione prefissatasi dal regista. Vanno riordinati i fatti, esposti con le giuste premesse, insomma va riscotruita una trama, partendo dagli incubi stessi di un personaggio senza nome che tanto ci tiene a narrarli all'ascoltatore e a sè stesso.
I fatti chiari, quindi reali, paiono essere tutti figli dell'insonnia di un uomo. Un uomo qualunque per il quale i mobili Ikea e la vita monotona che "finisce un'ora alla volta in ufficio" sono ormai uno standard che lo fanno vivere nell'insonnia più totale. Solo l'ascolto delle vere sofferenze altrui gli rida il sonno; fin quando non entra in scena lei, Marla Singer. Odio misto ad un desiderio perverso, ritorno dell'insonnia e del caos mentale, fino all'esplosione del proprio appartamento. E quindi comparsa a frammenti (chi ha orecchie per intendere, intenda) di un nuovo amico, Tyler Durden, capace di creare attorno a sè un vero e proprio esercito del disordine-ordinato.

La trama va lasciata a voi spettatori/lettori. Onore al regista, visti gli stessi commenti dello scrittore che si è complimentato con lui per le scelte fatte nel rappresentare la sua storia. E onore ad un Edward Norton eccezionale, un Brad Pitt al suo top e una "bruciacchiata" Helena Bonham Carter. Come sempre, è seriamente consigliabile seguire certi film in lingua originale per rendersi conto dell'espressività dei protagonisti. Veramente adeguata e a tempo la colonna sonora dei The Dust Brothers, Michael Simpson e John King.

Il mio personale punto di vista consiglia caldamente anche la lettura del libro, proprio per poter paragonare le due stesure proposte. Al libro 5 stelle trovo ci stiano tutte, si legge davvero d'un fiato; al film, che tanto apprezzo, tendo invece a dare un 5-- (che resta sempre 5). Temo però di essere in netta minoranza a pensare una cosa del genere.

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