Non c'è niente da fare, la classe è come il buon vino più invecchia e più diventa cristallina. L'esempio lampante è quello di sir David Gilmour che a sessant'anni sembra essere risorto a nuova vita. Reciso ormai ogni legame con i Pink Floyd, il nostro, rinchiuso nel suo studio galleggiante, si è lasciato cullare dal fiume Tamigi e si è rimesso a scrivere canzoni. Canzoni nate dalla voglia di suonare, da una passione mai cessata anzi sempre più forte che ha portato alla nascita di dieci vere e proprie gemme. "On An Island" è il disco che non ti saresti mai aspettato ma il nostro eroe ancora una volta ci ha stupito. Un disco terso e intenso, suonato divinamente e arricchito dalla presenza di numerosi ospiti di rilievo; basti citare che sono della partita Richard Wright, Robert Wyatt, Phil Manzanera, David Crosby e Graham Nash.

L'album si apre con "Castellorizon", splendido intro basato tutto sulla genialità della chitarra di David che si intreccia con uno splendido lavoro di violini e di hammond, per una breve ma intensa overture dalle atmosfere vagamente floydiane. Da brividi è l'assolo di chitarra finale degna testimonianza della classe e del tocco magico di questo immenso musicista. "On An Island" è uno splendido inizio per la nuova vita artistica a cui è assurto Gilmour; una splendida ballata dal testo meraviglioso, basata su un giro di chitarra che ricorda vagamente le atmosfere di "Shine On Your Crazy Diamonds", tanto per ricordare l'illustre passato del nostro. Stupendi sono poi gli intermezzi vocali dove la voce del chitarrista si intreccia e si amalgama a quelle di Crosby e Nash, che arricchiscono ancora di più un già magnifico pezzo. La chitarra si libra nell'aria liquida e tersa come non mai sfociando in un nuovo assolo al fulmicotone, davvero stupefacente. Le atmosfere si fanno ancora più intime e maliconiche con la seguente "The Blue", splendida ballata con ancora le voci in primo piano e un'armonica in sottofondo a infondere un pizzico di magia in più. Deciso cambio di direzione invece con "Take A Breath", forse la canzone più puramente rock del disco. Aperta da un sovrapporsi di voci la canzone esplode in tutta la sua potenza sorretta da un giro di chitarra potente ma pulito e da un ottimo lavoro alla sezione ritmica. "Red Sky At Night" è un breve ma introspettivo intermezzo strumentale ricco di fascino che vede Gilmour alternarsi alla chitarra e al sassofono. Questa veste inedita sembra calzare però a pennello al nostro eroe che si dimostra un grande sassofonista, nuova testimonianza della sua poliedricità e delle sue immense capacità di musicista.

"This Heaven", è una bellissima blues song che vede la chitarra contrapporsi ad un hammond liquido come nella migliore tradizione della musica blues. Delizioso l'assolo di chitarra così come l'inserimento di alcuni archi che ben si amalgamo alla canzone rendendola ancora più bella e coinvolgente. Altro strumentale di ottima fattura è senza dubbio "Then I Close My Eyes", che vede la partecipazione del grande Robert Wyatt al corno (il suo assolo finale è da pelle d'oca) e alle percussioni. Meravigliosa e anche la weissenborn suonata da B J Cole che ben si contrappone alla chitarra di Gilmour. Un brano ricco di suggestione e atmosfera, un'onirica composizione da ascoltare ad occhi chiusi per poterne assaporare appieno il valore. Una perla di rara bellezza e uno dei momenti più belli del disco. Delizioso acquerello acustico è invece "Smile" che vede ancora una volta il contrapporsi tra la chitarra acustica e in questo caso una pedal steel suonata in punta di dita. Bellissimo è anche il duetto tra la voce del buon David e quella di Polly Samson, per una canzone che riesce a catturare fin dal primo ascolto. "A Pocketful Of Stones" è aperta da un intro inquietante per poi sfociare in una bellissima ballata pianistica, impreziosita da un lavoro di fino degli archi. Degna chiusura dell'album è "Where We Start", brano floydiano fino al midollo, una riflessiva ballata, con la voce ancora in primo piano che si mostra in tutta la sua bellezza e intensità con la chitarra che fa da contraltare con assoli di una purezza pressochè totale.

Un disco bellissimo, intenso, emozionante, una vera e propria perla di rara bellezza e maestria confezionata da quel geniaccio che è sir David Gilmour. Un grande plauso va quindi al nostro eroe che ha sessant'anni continua ancora a emozionarci e a farci commuovere, e speriamoche continui a farlo per molti e molti anni ancora. Welcome back zio David.

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